Sabato sera scorso, nell’ambito della Visita pastorale, il Patriarca Francesco ha incontrato anche i gruppi sposi, i giovani sposi e le famiglie dei battezzati della comunità pastorale lidense presso il patronato parrocchiale di S. Ignazio. «Il matrimonio è quel Sacramento – le sue prime parole – in cui la grazia di Dio entra nella storia di due persone che vogliono vivere insieme il dono sponsale e della genitorialità. E nella loro vita questa grazia di Dio entra discretamente, in modo molto rispettoso. L’amore uomo-donna è elevato da Dio ad un evento di grazia e di salvezza». In una società conflittuale come la nostra, dove il fenomeno del femminicidio è ormai tristemente all’ordine del giorno, l’amore uomo e donna appare come un qualcosa di vitale.
E il rapporto di coppia, appunto, risulta come qualcosa che dobbiamo stare attenti a salvaguardare sempre, soprattutto dopo essere diventati genitori. «Dovete essere gelosi del vostro rapporto sponsale, cercando di riservarvi dei momenti che nulla tolgono al vostro ruolo di genitore», afferma mons. Moraglia, soffermandosi su un altro concetto, quello del “per sempre”. È qualcosa che può far paura, è vero, ma altrettanto vero è che proprio la premessa del “per sempre” permette di vivere in pienezza. E perché no, anche facendo qualche litigata.
Il Patriarca ha sottolineato poi un altro concetto. «Siamo in una società conflittuale. Ciò vuol dire che manca l’alleanza uomo-donna, che la nostra società non è ancora riuscita a costruire un rapporto sereno fra loro». Ed è dunque necessario riconoscere che l’uomo e la donna sono due esseri reciproci. Nessuno dei due, in mancanza dell’uno e dell’altra, può infatti raggiungere la vera pienezza, in quanto per diventare madre e padre è necessario che uomo e donna si incontrino. «Dobbiamo recuperare questi elementi fondamentali, questo ABC dell’antropologia», chiarisce, spiegando come i momenti di fragilità e di debolezza, se vissuti con la volontà di superarli e con l’umiltà di chi sa riconoscere i propri sbagli, possono trasformarsi in momenti di forza concreti.
Marta Gasparon
(foto di Gianfranco Segantin)