Un fenomeno in crescita, nella quasi totalità dei casi compiuto da writers stranieri che sfruttano la città – specialmente le sue zone più centrali e frequentate, dunque più visibili – come vetrina per i loro “tag”, il nome in codice che utilizzano per distinguersi.
Nicola Tognon, presidente di “Masegni & nizioleti”, associazione veneziana nata dieci anni fa per sensibilizzare al tema della tutela e del decoro di una realtà unica come Venezia, parla di «vandalismo grafico» senza mezzi termini. Anche perché il graffito molto spesso spunta su edifici vincolati, come recentemente accaduto sulla facciata della Scuola Grande San Teodoro. Ma questo è solo uno dei numerosi esempi che si potrebbero elencare: basti pensare al caso della statua di San Giovanni Nepomuceno, in fondamenta Labia, a Cannaregio.
Imbrattata nel 2017 da una writer francese responsabile (poi colta in flagrante dagli agenti della Polizia municipale e denunciata) di aver preso di mira anche molti altri elementi tra capitelli e colonne in pietra d’Istria del centro storico, oggi la scultura si presenta proprio come allora. Con una stella a cinque punte blu realizzata con stencil e bomboletta spray sul retro di un’opera dedicata al santo protettore dalle alluvioni. «Si tratta di una statua in pietra di Nanto, molto tenera, utilizzata nel ’700. Per eliminare quella stellina – riflette Tognon – probabilmente bisognerà rimuovere anche parte del materiale. Sono trascorsi sette anni e nulla è stato ancora fatto. Siamo stanchi degli slogan: vorremmo che la città venisse rispettata e che fossero messi in campo interventi adeguati da parte dell’amministrazione. Esistono squadre incaricate della rimozione delle scritte, per conto di Veritas, che tuttavia si limitano a coprire solo quelle ingiuriose o di natura politica, dando spesso una pitturata poco coerente in termini di colori».
L’associazione, che conta 150 soci, veneziani e non, persone animate dall’amore per Venezia, negli ultimi quattro mesi ha provveduto a rimuovere oltre 6mila lucchetti da una quarantina di ponti e a far tornare a splendere alcune zone del centro storico – un caso su tutti, quello del sottoportego di corte del Milion – spesso anche con l’aiuto di collaboratori volontari meno esperti, che ci tengono a dare il proprio contributo. È il caso di un gruppo di studenti della Florida Atlantic University, guidati dalla docente Ilaria Serra, che ogni anno torna nella sua città natale con alcuni dei suoi studenti e li coinvolge in questa attività: qualche giorno fa hanno dato una mano a ripulire il campiello della chiesa di San Luca. «La corte del Milion era ridotta male – spiega Tognon, descrivendo l’intervento realizzato a marzo scorso in occasione dei 700 anni dalla morte di Marco Polo, che lì abitava –. Ora mancano soltanto da ripulire gli ultimi portelloni del Teatro Malibran».
I lavori meno impegnativi possono costare sui 40 euro, gli altri invece ben di più. «Per campiello dei Squellini ci sono voluti 200-250 euro, uno degli interventi più importanti economicamente parlando». Spese sostenute dall’associazione stessa, che può contare anche sul contributo economico di “Pieces of Venice”, realtà impegnata a recuperare il legno di bricole e pali della laguna per far realizzare oggetti di design ad una cooperativa di ragazzi “speciali”. «Per ogni prodotto venduto, parte del ricavato va proprio alla nostra associazione. I writers? Sono perlopiù stranieri (europei, statunitensi, sud americani…) che vengono qui periodicamente poiché la città rappresenta per loro una vetrina. Il “tagging” è un vero e proprio sfregio, che viene realizzato anche in maniera ripetuta, ossessiva, nei luoghi di maggior passaggio: sono forme di aggressione contro il patrimonio storico-artistico».
Per Tognon è fondamentale sensibilizzare, anche a scuola. Prevenire il problema e garantire un’attività di controllo «ad oggi carente, proprio come le sanzioni. Il nostro ruolo è importante, ma un’associazione di volontariato non può sostituirsi ad un’attività di verifica. Insomma, è necessario che ognuno faccia la sua parte: il ruolo del volontariato, da solo, non basta».
Marta Gasparon