Indaffaratissimo nel trasloco, don Raffaele Muresu in questi giorni sta facendo la spola tra Dorsoduro e Cannaregio. Sabato 16 settembre il sacerdote farà infatti l’ingresso nelle sue due nuove parrocchie, Santi Apostoli e San Felice: la celebrazione di insediamento, con il Patriarca, è prevista per le 17,30 a San Felice, seguirà (ore 18) la processione fino ai Santi Apostoli dove, alle 18,30 si celebrerà la Messa. Infine il brindisi in campo, per salutare il nuovo parroco. «Ma già in questi giorni – racconta don Raffaele – mi capita di incontrare molte persone per strada che mi fermano e mi danno il benvenuto. C’è un bellissimo clima». Attesa ed entusiasmo reciproci da una parte, un pizzico di dispiacere e nostalgia dall’altra.
«Ho salutato i parrocchiani dei Gesuati domenica scorsa – prosegue – ed è normale che vi sia un po’ di dispiacere. In questi cinque anni abbiamo condiviso e costruito tante cose insieme, me ne rendo conto proprio ora, attraverso i ringraziamenti che mi giungono da tante persone». Don Raffaele è stato punto di riferimento e guida spirituale: «Molti mi hanno ringraziato per le riflessioni che proponevo nelle omelie. Poi mi hanno commosso i bambini, che domenica scorsa erano davvero molto dispiaciuti».
Questo momento di passaggio è l’occasione anche per fare un piccolo bilancio di quanto fatto ai Gesuati. «Quello che più mi rimane impresso è la spiritualità mariana che si respira nella chiesa di Santa Maria del Rosario e che mi ha molto aiutato. Qui davvero Maria è al centro, il suo sguardo materno si posa su di noi, figli, e ci accompagna verso suo Figlio. Le feste dalla Madonna del Rosario, per questo, sono sempre state molto sentite. Così come il fatto di concludere la messa recitando l’Ave Maria davanti alla sua statua, in chiesa, è sempre stato un momento importante».
Piccoli germogli. Pur essendo una piccola parrocchia, ai Gesuati sono fioriti importanti germogli. «Penso alle persone che sono tornate a messa dopo tanti anni, credo soprattutto grazie alla cura che è stata data alle celebrazioni, al clima di accoglienza che vi si respira». E, a proposito di ritorni, c’è da registrare anche il piccolo gruppo dei “lontani”, cresciuto nel tempo. Un’iniziativa voluta proprio da don Muresu per riavvicinare le persone che non frequentano più la parrocchia. «Si tratta di incontri serali, dedicati proprio a chi è rimasto lontano per tanto tempo ma che sente il desiderio di provare a riavvicinarsi. Nel tempo si è formato un gruppo di una decina di persone, qualcuna non entrava più in una chiesa da trent’anni. E’ stato molto impegnativo, ma è stato bello vedere come si sia riacceso l’entusiasmo in queste persone».
Grandi numeri. Adesso don Raffaele porterà il proprio stile a Cannaregio, lungo l’asse della Strada Nuova. A supportare l’operato del nuovo parroco, ci sarà don Luigi Battaggia, parroco uscente che rimarrà collaboratore dei Santi Apostoli e San Felice. Inoltre da un anno è presente in parrocchia il sacerdote camerunense don Ghislain Landry Mballa, studente alla Facoltà di Diritto Canonico. «Questa zona è il cuore di Venezia, è molto popolare, ci sono tante famiglie giovani. Sembra un’altra Venezia rispetto a quella di Dorsoduro», dice il nuovo parroco con un sorriso.
E ci sono realtà consolidate, dai grandi numeri: «Sono due parrocchie di grande tradizione e sono grato al Patriarca per la fiducia che ha dimostrato nei miei confronti affidandomene la guida. Ci sono realtà molto importanti, c’è un gruppo scout di quasi 100 ragazzi e c’è una grande realtà del Cammino neocatecumenale. Conosco bene tutte queste realtà e a questo proposito, nel mio discorso di saluto ho scritto che sono un prete diocesano che conosce e riconosce i frutti del Cammino Neocatecumenale, ma che trova le sue radici nella parrocchia che appartiene ad una diocesi. Questo – prosegue don Raffaele – ci darà la libertà di camminare insieme verso “un di più” che è la comunione di tutta la Chiesa che vive nella multiformità delle esperienze tutte valide se restano in comunione, mettendosi a servizio le une delle altre, perché nell’altro c’è Cristo. Ogni realtà ha la sua peculiarità e io mi metterò in ascolto. Cercherò di conoscere ciò che il Signore ha già fatto e ciò che ci chiede per il futuro, perché il parroco non è chiamato solo a tenere in vita ciò che c’è, ma deve anche indicare il passo che la comunità deve fare. Questo si chiama conversione, questo è il significato di essere chiesa in uscita».
Una spinta verso la collaborazione. Si inserisce in questo contesto la spinta sempre più marcata verso la collaborazione: le due parrocchie di San Felice e Santi Apostoli, guidate dallo stesso parroco, proseguiranno in questo percorso all’interno della collaborazione che coinvolge anche la parrocchia di San Canciano. «Ci tengo moltissimo e ho già maturato una esperienza significativa a Dorsoduro, dove ero coordinatore della collaborazione. Questo, con la consapevolezza che ogni realtà ha la sua peculiarità, che va ascoltata e accolta. E’ quel che ho detto già al Consiglio pastorale di San Felice, che ho incontrato nei giorni scorsi: non lasciamoci imbrigliare dagli schemi. Guardiamo con affetto alle diverse realtà, senza pregiudizio alcuno. Possono esserci stati degli errori fatti in passato, ma ci si deve perdonare. Il prete viene inviato dal Vescovo per celebrare l’Eucaristia e per dare i Sacramenti: le celebrazioni liturgiche però non hanno senso se non in un contesto di amore e di fraternità che ci invita a superare le inevitabili differenze ed anche le incomprensioni. “Amatevi come io ho amato voi!”: questo – chiude don Raffaele – è il comando del Signore che dice tutto il nostro essere suoi».
Serena Spinazzi Lucchesi