Il 6% delle acque alte superiori a 110 centimetri, registrate a Venezia dal 1873 a oggi, sono accadute negli ultimi due mesi. Novembre e dicembre 2019 segnano un record assoluto di eventi di marea.
E il fatto che in un solo bimestre si siano contati tanti eventi – più di un ventesimo di quanti se ne sono registrati nell’ultimo secolo e mezzo – fa pensare.
È indice dell’urgenza di affrontare un problema sempre più emergente. Un problema che, per giunta, andrà aggravandosi per via dei cambiamenti climatici globali, che producono un progressivo innalzamento del livello dei mari.
Bene fa, perciò, il Patriarca – nella sua lettera natalizia alla Chiesa e alla città di Venezia – a rimarcare che «vanno incoraggiati e sostenuti gli sforzi accelerati e ponderati per portare finalmente a termine il Mose. Non possiamo permetterci il “rischio” di altri due autunni (sono quelli che precedono la fine dei lavori preventivata per il 31 dicembre 2021) sotto la spada di Damocle di altre acque alte eccezionali, viste le frequenze e i livelli di marea sempre più elevati degli ultimi periodi».
Ma al tempo stesso, anche per la storia e lo spessore culturale della città, si può pensare a come trasformare il problema in una risorsa, per la città d’acqua e non solo: «Venezia – scrive ancora il Patriarca – ha tutte le carte in regola per diventare una sorta di “laboratorio” ed essere sede adeguata (non solo suggestiva) per un’agenzia internazionale e un centro di ricerca sui cambiamenti climatici in tutto il mondo, proprio perché è una città che vive ogni giorno immersa nella fragilità e nelle sofferenze tipiche di tali mutazioni. Potrebbe scaturire una nuova luce sul nostro futuro, con una prospettiva di sviluppo diverso e sicuro».