«uando arrivi qui, di fronte al bisogno di queste persone, il primo istinto è riempirle di cose per aiutarle. Poi capisci che la povertà ha mille sfaccettature diverse. Devi conoscere le situazioni per riuscire ad essere davvero di aiuto. E questo ti mette in discussione». Le parole sono di Stelvio Bortoletto e della moglie Adriana Marascalchi, volontari alla mensa delle Muneghette e al “Cas” della Tana.
Le mille sfaccettature di cui parla Stelvio sono le tante storie di povertà che si incrociano in queste due strutture della Caritas diocesana.
Ci sono i senza dimora “classici”, che per scelta o (soprattutto) per necessità vivono in strada. E qui trovano un pasto caldo, dei vestiti, un servizio doccia. Ci sono anche anziani soli, che vivono in condizione di forte indigenza e che vengono alla mensa San Giuseppe alle Muneghette e si prendono il “cestino” da consumare a casa loro.
Ci sono poi gli stranieri, ospiti del “Cas” della Tana, nell’ambito della convenzione con la Prefettura che riguarda i richiedenti asilo. Sono coppie quasi tutte giunte dai paesi subsahariani. Qui trovano un posto dove alloggiare in attesa dei documenti e intanto imparano l’italiano, qualcuno prende il diploma di terza media, qualcuno trova un lavoro. E qualcuno… diventa genitore. Tra le donne arrivate alla Tana, infatti, due erano incinte e hanno partorito nei mesi scorsi: due “lieti eventi” che hanno rallegrato ospiti e volontari, anche se hanno poi comportato alcuni spostamenti. Le due coppie con i neonati ora sono ospiti alle Muneghette, dove risulta un po’ più semplice gestire la fase dello svezzamento. Ma anche questa è una soluzione temporanea.
Il servizio dei volontari. A far funzionare le due strutture, che si trovano entrambe nel sestiere veneziano di Castello, accanto agli operatori ci sono i volontari: parrocchiani delle zone vicine che mettono a disposizione il loro tempo e le loro competenze per le più diverse mansioni. Come Stelvio e Adriana, appunto: «Siamo scout e abbiamo sempre fatto volontariato. Siamo stati a lungo volontari alla mensa di Betania e più di recente a quella della Tana. Ora che siamo in pensione e abbiamo più tempo siamo molto più presenti. Siamo quasi dei jolly, affiancando in particolare suor Rosita», raccontano.
Ognuno di loro ha un turno in mensa, poi si occupano di varie incombenze, tra cui il servizio di distribuzione del vestiario e il servizio docce per i senza dimora che è stato ripristinato a giugno (dopo le restrizioni per il Covid) alla Tana proprio grazie al loro impegno. Qui alla Casa San Giuseppe della Tana dalla fine di dicembre dello scorso anno è stato attivato un Cas, Centro di accoglienza straordinaria per i migranti, in convenzione con la Prefettura. «Ci sono ora 11 coppie ospitate, più le due spostate alle Muneghette dopo la nascita dei bambini. Tutti vengono a mangiare in mensa alle Muneghette», spiegano Stelvio e Adriana.
Quel passaggio per Ventimiglia tentato otto volte. I primi ospiti sono arrivati il 27 dicembre dello scorso anno e in totale in questi mesi sono transitate un centinaio di persone. Vengono da Burkina Faso, Nigeria, Costa d’Avorio: «Molte non si fermano, hanno parenti che li aspettano in altri Paesi (Francia, Germania, Svezia) e l’Italia per loro è considerata solo una tappa di transito. Sappiamo di qualcuno che, dopo essersi allontanato da qui, ha provato il passaggio per la Francia a Ventimiglia sette volte ed è sempre stato rimandato indietro, riuscendoci solo all’ottavo tentativo. Ma c’è anche chi invece sta provando a costruire qui un futuro frequentando i corsi di italiano, o la scuola per ottenere il diploma di terza media. Con tutti loro abbiamo instaurato un bel rapporto. Quando è nato il primo bambino i loro genitori ci hanno detto che eravamo i loro nonni», raccontano ancora Stelvio e Adriana, che a loro volta sono genitori di due figli ormai grandi: «Nostra figlia è venuta in ospedale con me – racconta Adriana – quando è nato il primo bambino. I suoi genitori ce lo hanno messo in braccio dicendoci che “è il figlio di tutti”. È stato commovente».
Carità ma anche educazione. Prima della pensione Stelvio era tipografo, mentre Adriana insegnante. «Ci siamo sempre occupati di educazione, quando eravamo scout. E anche ora che siamo impegnati nel campo della carità cerchiamo di offrire sempre una qualche forma di educazione. Questo vale per i senza dimora, ai quali cerchiamo di insegnare a non sprecare quanto viene dato in mensa, ma anche agli ospiti stranieri. Li abbiamo ad esempio coinvolti nella festa di San Pietro di Castello, la nostra parrocchia: è stata un’esperienza di volontariato formativa. E lo stesso vale per alcuni piccoli lavori fatti all’interno delle strutture: alla Tana sono stati loro a ridipingere le pareti dell’ex cappellina che è diventata una sala comune. E poi – aggiungono – accanto ai bisogni materiali c’è l’ascolto. Tutti loro, che siano persone senza dimora o stranieri, hanno bisogno di essere ascoltati».
Per “esserci” non basta la presenza fisica, ci vuole la disponibilità del cuore. Quell’apertura agli altri che Stelvio e Adriana hanno sempre avuto nel corso della loro vita di coniugi. «Per impegnarsi in questo modo si deve andare d’accordo nella coppia, condividendo un’esperienza simile perché – sottolinea Stelvio – ti mette in discussione. Ci sono situazioni difficili, storie di solitudine e ogni povertà è diversa. Tu puoi solo avere la delicatezza dell’ascolto».
Anche nei giorni delle festività del Natale Stelvio e Adriana ci saranno. «Avremo dei turni e poi – rivela Adriana – c’è sempre la Provvidenza, che non viene mai a mancare. Un esempio? Proprio l’altro giorno una signora incontrata per caso si è resa disponibile per essere presente a Natale. E come lei, per fortuna, ci sono ancora tante persone sensibili e generose».
Serena Spinazzi Lucchesi