Riscoperte le fattezze tardogotiche della scultura “Madonna delle Grazie”, unico esempio con policromie originali in città. Dopo un impegnativo restauro di sedici mesi la scultura lignea verrà riconsegnata nel giorno dell’Immacolata alla Comunità di Madonna dell’Orto e riposizionata nella chiesa di San Marziale nell’altare dedicato. Il restauro, seguito da Devis Valenti della Soprintendenza e coadiuvato dalla restauratrice Lucia Bassotto, è stato curato dalla restauratrice Enrica Colombini, con il finanziamento di Save Venice per circa 21mila euro. Da settecento anni la statua è sempre rimasta nella chiesa di San Marziale, anche se questa pare non essere il suo luogo d’origine. La leggenda infatti narra che a realizzare la scultura sia stato un pastore molto devoto che un giorno, mentre pascolava il gregge vicino a Rimini, vide comparire sul tronco di un albero l’immagine della Madonna, che decise di scolpire. Nella notte il diavolo ne deturpò i lineamenti ma il pastore riuscì a portare a compimento l’opera grazie all’aiuto di due angeli. Questa venne portata a Rimini e messa su una barca senza nocchiero che la portò a Venezia. Qui, arrivata davanti alla chiesa di San Marziale, subito compì due miracoli e venne portata dentro la chiesa.
C’era anche una scuola di devozione. La statua fu ubicata in un altare marmoreo a lei dedicato. Nacque anche la Scuola di devozione della Beata Vergine delle Grazie attiva dal XV fino al XX secolo con festa il 2 luglio. La chiesa nel tempo fu demolita e riedificata a fine ’600 e l’altare marmoreo della Madonna nei primi del ’700 venne ricostruito nella stessa posizione con la realizzazione di un paliotto con bassorilievi che descrivevano la leggenda della statua, narrazione che poi Sebastiano Ricci riprenderà anche sul soffitto della chiesa. Il nuovo altare però venne costruito secondo lo stile barocco e anche la statua della Madonna fu alterata nei colori e nelle fattezze secondo lo stile dell’epoca: venne realizzata una doratura nuova e il manto fu dipinto di azzurro con decorazioni dorate. Questo però non è l’unico intervento ad averne modificato i connotati: altri si verificarono nel corso dei secoli, compreso l’ultimo restauro svolto in modo sbagliato nel 1957. Il restauro odierno, molto impegnativo per le scelte che si sono dovute affrontare per riportare la scultura alle fattezze originali, ha messo in luce dettagli materici e pittorici inaspettati che hanno aiutato a capire meglio le vicende del manufatto sopravvissuto a settecento anni di storia, riuscendo a stimare con più certezza la datazione dell’opera, a cavallo tra ’200 e ’300. Diverse le analisi radiografiche e chimiche svolte, utili per capire quali strati di gesso e di materiale pittorico fossero stati aggiunti nei precedenti restauri e si potessero rimuovere. Inoltre è stato necessario fare anche indagini xilotomiche (per il riconoscimento microscopico della specie legnosa) e biologiche visto che nel tempo la statua è stata anche interessata da un attacco da parte dei tarli che ne aveva compromesso la struttura. «Il lavoro di rimozione è stato certosino e ha fatto emergere le decorazioni originali tardogotiche – spiega la restauratrice Enrica Colombini -. Sono emerse decorazioni che prima ci erano occulte, come il trono gemmato dipinto su modello bizantino. La veste della Vergine originariamente era argentata e ora appare di un colore nero lucido perché ossidata, inoltre sono emerse decorazioni rosse realizzate a lacca sulla veste del bambino e, in parte, sul corpetto della Vergine». Il restauro ha provveduto anche a ridare le fattezze dell’incarnato di Maria, integrando le parti erroneamente rimosse nel restauro del 1957: «La Madonna diversi anni fa si presentava nera ma con il restauro del 1957 si scoprì che in realtà sotto la patina scura c’era un incarnato rosa. Per grattare via la pigmentazione nera però vennero eliminate anche parti di colore originale e per coprire le malefatte uniformarono le campiture di colore con la tempera» spiega la restauratrice, che ora ha integrato le parti che erano state tolte e coperte malamente. La statua è l’unica scultura tardogotica presente a Venezia che mantiene la policromia originaria: «La sola opera simile per intaglio e fattezze è la “Madonna di Spagna”, un tempo ubicata nella chiesa di San Francesco della Vigna e oggi conservata al Museo Diocesano. Quest’ultima però non conserva nulla della preparazione originaria».
Francesca Catalano