Una vita dedicata a migliorare i sistemi sanitario e sociale rivolti ai malati rari. Con l’obiettivo di metterli in rete. È Renza Barbon Galluppi la vincitrice del “Premio San Teodoro 2019”, conferitole giovedì 7 alla Scuola Grande di San Teodoro dal Guardian Grando Roberta di Mambro per l’impegno profuso a favore dei malati colpiti da malattie rare. «Mi sono approcciata a questo mondo non per scelta ma perché ho due figli su tre affetti da malattie rare» ha spiegato Barbon. Sia la primogenita che l’ultimo figlio sono infatti affetti da fenilchetonuria, una malattia metabolica ereditaria dovuta all’incapacità dell’organismo di metabolizzare un aminoacido chiamato fenilalanina, presente negli alimenti a contenuto proteico, che senza un trattamento nutrizionale appropriato crea danni cerebrali irreversibili. Nel caso dei figli della Barbon però la malattia non si è sviluppata e, considerata una “condizione”, non prevede una dieta. Se questo fu subito accertato per il figlio, lo stesso non avvenne per la figlia maggiore, ora 33enne, che nella crescita presentava diverse problematiche deambulatorie e una regressione cognitiva, nonostante fosse sottoposta a continui controlli e terapie farmacologiche. «Non capivamo perché se i miei figli avevano sviluppato la stessa condizione solo uno dei due stava male. Allora iniziammo a pensare che il problema non fosse di tipo metabolico ma neuropsichiatrico. Da qui la decisione di rivolgersi al Centro di Neuroscienze della Sapienza di Roma» spiega Renza.
Solo 11 casi al mondo. La diagnosi corretta arriva finalmente nel 2017: mutazione del gene Clct, una malattia rara della famiglia del Parkinson ma non degenerativa, di cui esistono solo 11 casi al mondo. In tutti questi anni di incertezza Renza ha cercato di conoscere sempre di più il sistema che coinvolge i malati rari non solo per essere d’aiuto ai figli ma per far conoscere ai più questa realtà sconosciuta, complessa e difficile da affrontare. «Gli stessi operatori sanitari non conoscendo le malattie rare non le inseriscono come obiettivo nel piano organizzativo. La comunità di malati rari viene seguita dal punto di vista clinico ma non nella vita quotidiana, che richiede l’impiego delle risorse del territorio». Renza allora inizia a studiare: fa un master a Roma, entra in Telethon, diventa presidente della Consulta della tutela della salute a Venezia durante i mandati dei sindaci Costa e Cacciari e presidente dal 2007 al 2015 della Uniamo Fimr, la Federazione Italiana Malattie Rare. Fa parte anche dell’Impresa sociale Uniamo Goldin ed è rappresentante dei pazienti metabolici a livello europeo. E all’interno della conferenza sulle malattie rare, ha presentato a Bruxelles un modello per l’inclusione lavorativa dei malati, ricevendo nel 2016 il premio Eurordis. Nel 2002 organizza la prima conferenza internazionale sulle malattie rare proprio a San Teodoro. Da qui la decisione di creare corsi per formare pazienti esperti e coinvolgere il mondo dell’associazionismo e operatori sanitari provenienti da tutta Italia, includendo così le persone nel sistema delle malattie rare in modo proattivo. Il primo corso di 100 ore di formazione, con 25 allievi, organizzato a Roma nel 2018 presso la sede del Centro per le malattie rare, ora verrà replicato nelle Marche e in Puglia. Per sensibilizzare la società però si è accorta di dover lavorare di più sul territorio. Da qui l’idea di diverse iniziative, anche culturali, che facciano conoscere più da vicino il mondo delle malattie rare per riuscire a mettere in rete le diverse realtà locali, come l’innovativo progetto sul merletto veneziano, culminato con una mostra tenutasi all’Ospedale Civile questa primavera.
Presto l’apertura di un ambulatorio speciale in città. «Ora, grazie all’aiuto della dott.ssa Michela Calmasini, referente del Centro territoriale malattie rare, stiamo formando l’Aft, l’Ambulatorio Funzionale Territoriale per le malattie rare. L’ambulatorio organizza il protocollo assistenziale dove i medici sono in grado di trasferire nella vita quotidiana locale le esigenze del malato, seguendolo in un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale, grazie alle eccellenze che arrivano nel territorio per monitorare le malattie. Le malattie rare – aggiunge – sono multidimensionali, prendono vari organi, hanno bisogno di persone che le conoscano e ne vedano lo sviluppo continuo. Per organizzare questo ci sono dei tavoli di lavoro, bisogna far comprendere alle persone che operano nel nostro territorio che anche il sistema delle malattie rare deve essere organizzato». L’impegno di Renza è dunque un volontariato che, soprattutto, cerca di fare rete: «Questo premio – conclude – non è solo mio ma della squadra con cui lavoro».
Francesca Catalano