Si chiama “Occupy Venice. Il festival del lavoro da ovunque”, dove per “ovunque” non si intende una qualsiasi parte del mondo, ma la città di Venezia. Un luogo che sempre di più in futuro potrebbe candidarsi a far vivere, lavorando da remoto, persone provenienti da ogni ogni parte del globo. Venezia ha già alcuni spazi aperti a “smart” e “co”-working e a questi, nei giorni del festival, si sono aggiunti altri luoghi produttivi – e al tempo stesso suggestivi – che hanno aperto le porte per ospitare sessioni di lavoro, ma anche momenti di incontro e confronto con ospiti d’eccezione.
Iniziato mercoledì 12, proseguirà nelle giornate di giovedì e venerdì, con gran finale previsto la sera del 14 presso il Fondaco Marcello, sul Canal Grande: il festival è stato promosso da Veniwhere Aps (in collaborazione con altri partner e associazioni), associazione di promozione sociale nata da una “costola”, se così si può dire, dell’omonimo spin-off di Ca’ Foscari che, in collaborazione con Cisco, aveva creato una piattaforma per portare in città nuovi residenti lavoratori digitali da tutto il mondo. Se quest’ultima sta proseguendo l’esperienza in chiave anche commerciale, l’associazione Veniwhere Aps sta portando avanti invece una serie di iniziative per favorire l’incontro e la “venezianità” di chi si stabilisce in città, per poco o molto tempo che sia. Da qui l’idea del Festival, che vuole appunto «far incontrare le persone, promuovendo collaborazioni anche di tipo professionale tra veneziani stanziali e di passaggio, scambiandosi le migliori pratiche per conoscere la città, in tutti i suoi aspetti, compresi i suoi problemi», spiega Carlo Santagiustina, presidente dell’assciazione e referente del festival. «Abbiamo già organizzato alcuni eventi dedicati all’approfondimento di alcune tematiche, ad esempio su Mose e cambiamenti climatici, perché pensiamo che una rete di relazioni a livello internazionale possa affrontare certi temi con uno sguardo ampio. E, se serve, si possono attivare reti di sostegno a supporto della città e di suoi progetti».
Non è un caso se nei tre giorni di festival i gruppi di lavoratori da remoto partecipanti saranno equamente divisi tra veneziani e “quasi veneziani”, persone che qui stanno trascorrendo dei periodi di tempo per lavoro. «C’è anche qualche veneziano che lavora all’estero e che torna qui nel periodo delle vacanze, sfruttando proprio la tipologia del lavoro da remoto», spiega Santagiustina precisando l’idea di “smart working” promossa dall’associazione: «Secondo il nostro modo di vedere, tra i fautori del lavoro in ufficio e quelli del lavoro a casa, c’è una terza strada che è quella del lavorare insieme, con il co-working, in posti belli». E Venezia da questo punto di vista non ha eguali. Ecco perché il festival si svolgerà in contesti diversi e molto affascinanti, come il Centro Tedesco di Studi Veneziani, la sede di Crafted (società fondata lo scorso anno che crea prodotti digitali a Venezia, ma per clienti da tutto il mondo), Orsoni 1888, SerenDpt e Fondaco Marcello.
Non solo sessioni di lavoro, ma anche passeggiate, pause gastronomiche e occasioni di approfondimento ed incontro con esperti. Mercoledì ad esempio Alan Bruton, designer e professore di architettura arrivato a Venezia tramite il progetto Venywhere ha presentato ai partecipanti Salon, un “gioco di tavoli e sedie”, che coinvolge concetti di architettura, design d’interni e game design. Giovedì alla Biblioteca del Colore della fornace Orsoni, Diego Calaon interviene, insieme a Marco Paladini per parlare di archeologia da remoto, mentre venerdì nella sede di SerenDpt, alla Giudecca, i partecipanti hanno la straordinaria occasione di sentire Luc Steels, esperto di fama mondiale di Intelligenza Artificiale e robotica, in dialogo con Massimo Warglien, professore di Management e co-fondatore di Venywhere, su Intelligenza Artificiale e lavoro da remoto. Il Festival si conclude venerdì sera con una festa nel suggestivo sito del Fondaco Marcello.
Serena Spinazzi Lucchesi