A partire dal 15 gennaio chiunque desideri avvicinarsi all’arte della lavorazione a lume delle perle di vetro lo potrà fare – senza doversi iscrivere a un corso – presso il laboratorio-atelier che si trova nei pressi di campo della Bragora di Moulaye Niang, detto il “Muranero”.
Moulaye Niang, di origini senegalesi e vissuto per molti anni a Parigi, si è innamorato di Venezia e dell’arte vetraria quando, a soli 15 anni, è venuto nella città lagunare in occasione di una gita scolastica. Colpito soprattutto dalle opere del maestro Vittorio Costantini, Moulaye Niang ha studiato l’arte e la tecnica vetraria e ormai da 20 anni porta avanti la lavorazione a lume delle perle: «Tutti i generi di lavorazione del vetro sono belli – afferma Niang – alla fornace si producono oggetti più grandi e si lavora in compagnia, mentre al lume è come disegnare delle forme. Per me il vetro è come una tela nella quale devo comporre i colori». L’artista trae ispirazione da ricordi, sensazioni, immagini e stati d’animo e per questo le sue collezioni sono molto varie: «In un primo periodo ero molto legato all’Africa – spiega Niang – e per realizzare le mie opere pensavo al villaggio, alla savana, al mare o agli animali tipici del continente. In un altro momento ho visto di più il vetro come un’altra forma di pittura e ho seguito soprattutto alcuni artisti del Novecento, come Chagall e Mirò. Anche le luci e i riflessi di Venezia mi sono stati d’aiuto. L’ispirazione per me è come un’onda che va e viene».
Tante diverse fonti di ispirazione. Anche le altre persone possono influenzare l’artista: «A volte compongo i colori guardando gli accostamenti dei vestiti della gente che passa davanti al negozio – racconta Niang -. Altre volte mi vengono suggerite nuove idee. Per esempio quando ho creato una perla più grande delle altre per regalarla a una bambina che decorava le piante con le perle di vetro, una signora che ha visto la perla infilata sulla canna di rame e inserita in un vaso mi ha proposto di brevettarla come sistema per dare acqua alle piante». I suoi gioielli colorati sono stati esposti a Murano, Milano, New York, Strasburgo e in altre grandi città, ma l’artista rimane legato a Venezia: «Per me è un posto magico, con un ritmo più lento, adatto allo spirito dell’artista e dell’artigiano – osserva Niang -. Dovrebbero esserci più incentivi per far rimanere a Venezia queste categorie in particolare, ma anche il resto dei residenti. Venezia è unica perché rispetto alle altre città permette più facilmente di conoscere le persone e anche di fare più movimento».
L’arte tramandata ai giovani. Il “Muranero” da 15 anni trasmette la propria arte con particolare attenzione ai giovani: ha già avuto modo di insegnare a 27 ragazzi veneziani e a 12 giovani senegalesi di un orfanatrofio. Questi ultimi, grazie al lavoro che hanno imparato, adesso possono pagarsi gli studi all’università. Moulaye Niang pochi anni fa è stato invitato dal Liceo artistico statale Guggenheim di Venezia, unico indirizzo nel territorio veneziano (esclusa la scuola superiore privata Abate Zanetti) ad avere un percorso didattico specializzato nel design del vetro e ha riscontrato molto interesse nei giovani per la lavorazione del vetro. Inoltre è sempre ben disposto verso le nuove generazioni che vogliano approcciarsi alla sua arte: «Per me è importante la condivisione – spiega – voglio trasmettere ai ragazzi tutto quello che so perché tra qualche anno dovranno essere loro a prendere in mano la tradizione. Mi piace insegnare mettendo le persone a proprio agio, in modo da permettere loro di esprimere al meglio la propria creatività e sono certo che molti ragazzi possano intraprendere questa professione, anche solo per passione. Si può benissimo diventare un avvocato e nel tempo libero produrre perle di vetro».
Gli artisti e artigiani che lavorano a lume sono diminuiti drasticamente negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’epidemia di Covid-19. Tuttavia l’artista guarda al futuro con speranza e rivela il proprio desiderio: «Il mio sogno – afferma Niang con decisione – è di trovare uno spazio, magari con il sostegno di un’associazione senza fine di lucro, dove poter offrire ai giovani almeno una decina di postazioni di lavoro e tutti gli strumenti e i materiali di cui possono aver bisogno. Al momento non ho ricevuto risposte dal Comune e non ho i mezzi per realizzarlo, ma sono determinato a portare avanti questo progetto».
Camilla Pustetto