Era appena finita la Seconda guerra mondiale, quando nonno Giovanni venne avvicinato da un amico che gli parlò del Lido di Venezia, isola dove portava ogni tre-quattro mesi le sue mucche per produrre il latte che poi veniva consegnato all’Ospedale al Mare.
Così Giovanni Pavan, fornaio a chiamata, pensò che l’abbinata pane e latte potesse trovare al Lido terreno fertile e qui cercò un posto per trasferire da Noale la famiglia e trovare soprattutto una stabile occupazione. È nato così, nel 1945, il panificio “Pavan” al Lido che continua la sua attività da più di tre generazioni. Giovanni venne poi affiancato dal figlio Giuseppe che in seguito raccolse il testimone dell’attività con gli altri fratelli. Accanto a Giuseppe, è poi arrivato il figlio Paolo che, in quella bottega, è entrato, per la prima volta a 13 anni. I primi compiti del tredicenne Paolo furono quelli di occuparsi delle consegne insieme al papà. Da gennaio 1999 è lui il titolare dell’azienda e quindi quest’anno ha festeggiato i primi 25 anni a capo della piccola azienda a conduzione familiare insieme alla moglie Elena che è l’addetta alla vendita. Paolo si avvale anche di tre collaboratori.
Il negozio è intimamente legato al borgo di Malamocco, dove un tempo era operativo il forno da cui veniva sfornato e preparato il pane. Oggi il negozio, e annesso il forno per la produzione, si trovano in via Pietro Lando in località Terre Perse «Continuo a fare il pane con la ricetta di mio nonno del 1945 – racconta Pavan – e al laboratorio ho ancora qualche macchinario che usava lui. Tra qualche anno spero di andare in pensione avendo già oggi più di quarant’anni di contributi, ma temo che non troverò nessuno disposto a rilevare l’attività. E sarò costretto a chiudere. Questo è un mestiere che costa fatica: ogni giorno mi alzo a mezzanotte e vado in forno a fare il pane, i primi panini vengono sfornati verso le 2.30. Solo così si produce pane fresco di qualità». Per stare al passo coi tempi bisogna anche diversificare la produzione. «Ogni giorno sforniamo una media di tre quintali di pane, ma produciamo anche bussolai e per arrotondare pensiamo anche ai dolci e alle colazioni».
La bravura del fornaio è quella di trovare l’impasto giusto, ma anche quella di produrre, a seconda delle giornate e dei periodi, la giusta quantità di pane, senza eccedere perché si eviti, il più possibile, lo spreco. «Il pane avanzato lo doniamo, una volta alla settimana, al gruppo Caritas del Lido, altre rimanenze si possono utilizzare per produrre il pan grattato. Ma è un peccato quando succede, e purtroppo succede anche qui da noi, quando si è costretti a buttare via anche intere ceste di pane. Oggi ho tre collaboratori, con una commessa addetta alla vendita, insieme a mia moglie. Ma in passato sono arrivato ad avere anche 10 collaboratori. Oggi ci sono sempre meno giovani interessati. Questo lavoro è fatica, ma dà anche soddisfazione e mi ha dato la possibilità di crescere una famiglia».
Lorenzo Mayer