Forse ha ragione don Lino, che ha scelto di viverci, tornando da queste parti dopo che il suo servizio pastorale lo aveva portato altrove. «L’ho fatto per l’aria. Passeggio fino a Sant’Elena e sento che si aprono le vie del respiro». A vedere don Lino Furlan, Dante Pilot e Antonia Cadinaro, tutti ultranovantenni, tutti ancora nel pieno delle forze, c’è da pensare che l’aria di Castello abbia qualcosa di particolarmente salutare. «Siamo vicini al mare», sottolinea il salesiano che ancora confessa e aiuta in parrocchia.
Vita semplice e orientata al bene. In realtà il loro segreto sta piuttosto negli stili di vita, semplici ma attivi. E orientati al bene. Don Lino è stato economo in diverse istituzioni salesiane. Dal Friuli del dopo terremoto alla montagna trentina. In passato era stato anche a Venezia, all’isola di San Giorgio, per una quindicina d’anni nella scuola/università che ora fa base alla Gazzera. «Sono nato a San Bortolo di Monselice il 2 aprile del 1924. Così risulto all’anagrafe, anche se mia mamma ha sempre sostenuto che ero nato il 1° aprile. Ma quella data non piaceva a mio papà, per la questione del “pesce d’aprile”, così decise di aspettare di registrarmi all’anagrafe il giorno successivo». Una lunga vita, che negli ultimi tempi aveva portato don Lino di nuovo in montagna. «Ad un certo punto, però, per problemi di salute mi è stata vietata tassativamente l’altitudine. E così sono tornato a Venezia. Qui do una mano in parrocchia a San Francesco di Paola, rendendomi disponibile per le confessioni. Ma ho aiutato anche a San Giuseppe e a San Pietro». A Castello lo conoscono e lo salutano tutti. Così come non può fare un metro senza ricevere un saluto, l’altro novantenne, Dante Pilot. Per decenni un autentico pilastro della parrocchia e ancora oggi attivo e disponibile ad aiutare. «Quanti ragazzi hanno giocato in patronato “protetti” dal suo occhio vigile», racconta Paolo Basili, parrocchiano di San Pietro di Castello, presidente del Comitato della Festa di San Pietro. Dante, così come Antonia (vedi articolo sotto), rappresentano ancora un valido aiuto prima e durante la festa e sono un riferimento, con il loro esempio di dedizione generosa e gratuita, per i giovani volontari.
Dante, pilastro della parrocchia. «Sono nato il 1° gennaio del 1927. In famiglia eravamo in dieci fratelli – racconta – e dopo la quinta elementare ho iniziato a lavorare. Ho partecipato alla costruzione dell’Hotel Danieli e anche ai lavori all’isola di San Giorgio. Nel 1954 sono entrato nell’Actv come elettricista». Sposato da 63 anni con la signora Vallì, ancora molto in gamba proprio come Dante, conosciuta durante i campi scuola con la parrocchia, per i quali entrambi facevano i volontari, due figli, 5 pronipoti, Dante fin da giovanissimo aiutava in parrocchia. «La mia fede è nata all’interno dell’Azione Cattolica. Ho aiutato soprattutto nell’oratorio salesiano», racconta. Apriva il patronato e teneva d’occhio i bambini e i ragazzi che ogni pomeriggio venivano a giocare. Un modo per tenerli lontani dalla strada. Dalla strada e dalla politica, che nel dopoguerra a Castello significava soprattutto Partito Comunista. «Erano anni difficili. Qui nessun altro partito, che non fosse il Pci, riuscì mai a fare un comizio», racconta.
Nella Castello “rossa”. Alcuni episodi sembrano usciti dai romanzi di Guareschi. «I bambini erano tantissimi, in patronato venivano a centinaia. Solo dove abitavo io, quando ero bambino, in appena tre famiglie si contavano 28 figli. Una volta arrivò a tutti i “compagni” una lettera che invitava a sabotare le attività del patronato, partecipando sì, ma dicendo qualche bestemmia». Nonostante le tensioni, i rapporti tra le “fazioni” erano di reciproco rispetto:«Durante il fascismo ero scout e rischiammo di essere picchiati dai fascisti, ma furono proprio i comunisti a difenderci». Oltre all’oratorio, Dante ha visto nascere e crescere la Festa di San Pietro di Castello, mettendo a disposizione degli organizzatori le sue capacità tecniche, legate al suo mestiere di elettricista. Oggi, pur affaticato dall’età, il signor Pilot non smette di essere una presenza attiva in parrocchia, anche solo per tenere aperta la chiesa di pomeriggio per qualche ora. «Mi tengo occupato e cerco di rendermi utile. Per me è giusto cercare di restituire quello che nella vita ho ricevuto». Ed è forse questa la ricetta “segreta” della longevità.
Serena Spinazzi Lucchesi
Antonia: «Il signore mi lascia qui perché sono utile»
«Quando mi vedono alla Festa di San Pietro di Castello, mentre aiuto in cucina, in tanti si sorprendono. E qualcuno, un po’ per scherzare, mi dice: “Antonia, ma sei ancora qui?”. E io rispondo: “Dove volevi che fossi?”. Persino mio figlio ormai si è rassegnato. Sa che se mi telefona la sera, durante la festa, non mi trova. E anche nel mese di maggio deve cambiare l’orario delle sue telefonate, perché ho il rosario». Antonia Cadinaro ha 91 anni e uno spirito così allegro che, vicino a lei, non si può fare a meno di sorridere. E di ridere di gusto, quando si mette a raccontare le sue barzellette.
Gioiosa e generosa, non manca di andare a trovare gli anziani (spesso più giovani di lei) in casa di riposo: «Vado dai “veci”» dice. Con un gruppo di signore organizza la tombola, un modo per stare in compagnia e tenersi occupata. Di energie, nonostante l’età, ne ha ancora da vendere. Nella zona di via Garibaldi la conoscono tutti ed è una presenza immancabile alla Festa di San Pietro di Castello, dove è lei a “guidare” i lavori in cucina, almeno per quanto riguarda la preparazione dei primi. «Lo scorso anno abbiamo preparato un quintale di pasta», racconta. «Io ci vado alla mattina, per la preparazione dei sughi. Poi torno alla sera e mi fermo anche fino a mezzanotte».
Vedova da quando aveva 52 anni, ha fatto la sarta per una vita, ha avuto due figli e oggi è nonna di due nipoti e bisnonna di uno. «Eravamo dieci fratelli, la vita era difficile eppure ci divertivamo tanto. Ci bastava così poco», racconta con un pizzico di nostalgia. «Ho avuto un’infanzia felice. D’estate la parrocchia ci portava in spiaggia, ci chiamavano la carovana da tanti che eravamo. Prendevamo la motonave e poi camminavamo fino alla spiaggia, partivamo da casa alle 7 e arrivavamo dopo le 10».
Tra le tante attività benefiche che la signora Antonia ha portato avanti nel corso degli anni, c’è anche il volontariato alla mensa della Tana. «Il Signore – chiude con una battuta – mi lascia qui perché sono utile». (S.S.L.)