Gabbiani a Venezia: presto uno studio con foto dallo spazio
Con i gabbiani dobbiamo imparare a convivere in modo pacifico. Ma questo non significa incoraggiarne la presenza in città. Anzi. Mettendo in atto una serie di comportamenti si può fare in modo che risultino meno invadenti e molesti per la popolazione
E’ questo l’obiettivo del Comune di Venezia che, insieme a Veritas, si avvale delle ricerche e delle proposte messe a punto dal Consorzio di coordinamento delle ricerche sul sistema lagunare Corila per trovare le strade più efficaci nella gestione della presenza dei gabbiani in città.
Da anni Comune e Veritas commissionano al Consorzio guidato da Pierpaolo Campostrini i monitoraggi sulla popolazione dei gabbiani e i numeri sono sostanzialmente stabili: si contavano infatti circa 2000 esemplari, di cui 456 coppie riproduttive, nel 2018, mentre nella campagna di monitoraggio del 2021 la popolazione era rimasta a quota 2000, mentre le coppie riproduttive erano salite a 500. E ora si attendono i dati aggiornati: quest’anno sono state promosse tre campagne di monitoraggio, guidate da Francesca Coccon dottore di ricerca del Corila e referente dei progetti che riguardano la gestione dei gabbiani in città. «Dopo quelle di marzo e giugno, la terza campagna sarà completata tra fine novembre e dicembre: al termine si avrà il quadro aggiornato della situazione», spiega la ricercatrice.
Intanto l’amministrazione comunale, sempre con il supporto scientifico del Corila, ha messo in atto alcune azioni puntando soprattutto a scoraggiare gli appetiti voraci dei gabbiani. La raccolta porta a porta dei rifiuti organizzata da Veritas e il divieto di lasciare sacchetti all’esterno delle abitazioni vanno proprio in questa direzione. Così come i cartelli posti sui bidoni della spazzatura – nell’ambito della campagna Enjoy Respect Venice – che spiegano quali comportamenti tenere per evitare che i gabbiani trovino facilmente cibo, addirittura rubandolo dalle mani di chi passeggia con il pezzo di pizza in mano.
Indicazioni, queste, che rientrano nel vademecum realizzato dal Corila e curato proprio da Francesca Coccon, che contiene appunto una serie di buone pratiche per evitare che i gabbiani si “abbuffino”. «Se non trovano cibo, cambiano zona e questo è uno dei nostri obiettivi. Il gabbiano reale è una specie protetta, non lo si può eliminare. Ma si possono mettere in campo varie azioni per scoraggiarne la presenza». Tra queste azioni, ci sarebbe anche quella di intervenire sui nidi, dato che grazie ai monitoraggi la loro posizione è ben nota. Ma questo è un provvedimento che deve eventualmente decidere di attuare l’amministrazione comunale, previa autorizzazione di Ispra” «perché – trattandosi di specie protetta – è Ispra che può autorizzare o meno qualsiasi tipo di intervento sulla specie, anche fosse sui nidi».
Intanto si procede con l’approfondire la conoscenza del fenomeno, anche interpellando residenti e turisti
Da un mese è partito infatti un questionario (consultabile su www.corila.it) che mira a conoscere la percezione delle persone rispetto alla presenza dei gabbiani in città. Il questionario terminerà a fine novembre e l’invito del Corila è di collegarsi al sito (vedi il QRcode) per rispondere brevemente alle domande poste. «L’obiettivo è avere più basi di conoscenza per affrontare le criticità. Vogliamo far capire che non è pensabile e neppure possibile eliminare la specie, non è questo l’obiettivo. Si tratta di conoscerlo e imparare a gestirne la presenza», spiega Coccon. «I gabbiani non aumenteranno all’infinito, perché la specie cresce sulla base della disponibilità, non solo di cibo ma anche di luoghi dove nidificare. Se lavoriamo su questi due fattori, possiamo tenere a bada il fenomeno. Senza alcun metodo cruento».
Agire sulla base dei dati. Empirici, grazie alle osservazioni sul campo date dai monitoraggi. Ma che potrebbero presto diventare anche estremamente tecnologici. Nel febbraio scorso, infatti, il Corila, in collaborazione con il ricercatore Matteo Zucchetta dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha avviato un progetto di analisi delle immagini satellitari in alta definizione fornite dall’Agenzia Spaziale Italiana. Immagini, della precisione nell’ordine di 30-40 centimetri, che potrebbero “mappare” dallo spazio la presenza dei nidi in città. «Se riuscissimo nell’intento, si tratterebbe di uno strumento rivoluzionario, che potrebbe coadiuvare il lavoro di osservazione sul campo», spiega Francesca Coccon. Dalle immagini si potrebbe infatti individuare la presenza dei nidi e mapparli: «In questo modo potremmo avere la mappatura in tempo reale, senza dover fare campagne di rilevamento ogni due/tre anni. Se riuscissimo a sviluppare un algoritmo che scannerizzi le immagini restituendoci i dati sul numero di coppie e la distribuzione spaziale potremmo avere uno strumento fondamentale non solo per conoscere la presenza di questa specie in città, ma in futuro anche in altri contesti ambientali».
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