Pensiamo che un turista entri in San Marco e si sorprenda se gli si dice che ci sono 8mila metri quadri di mosaico? È probabile.
Ma il vero “effetto wow” si ottiene oggi quando un turista entra nella basilica veneziana, la visita con la guida di uno dei giovani del progetto Arc e diventa consapevole che, oltre agli ori e agli smalti, oltre alla storia e all’arte, c’è una ragione di fondo che ha dato origine a tanta bellezza: il Dio di Gesù Cristo.
Ogni giorno quattro turni di visita, di un’ora e mezza l’uno. Nel tempo della globalità e della fatica, nel mondo occidentale, di vivere il rapporto tradizionale con la fede, Venezia apre una prospettiva nuova. Come è consueto alla sua storia, getta un ponte e offre una possibilità in più alla miriade di visitatori che la raggiungono, per cogliere qualche briciola di ciò che c’è di meglio nella vita.
L’“effetto wow” lo raccolgono, in questi giorni, cinque giovani di cinque differenti Paesi, che svolgono il compito di guida nella basilica marciana. Un’iniziativa promossa dalla Pastorale diocesana del Turismo, grazie al suo direttore don Gianmatteo Caputo e all’impegno continuo e appassionato di Milena D’Agostino, Titti Peloso e di alcuni volontari. Un’iniziativa, questa delle guide, resa possibile dal convinto sostegno, anche economico, della Procuratoria di San Marco: «È un’iniziativa preziosa, che aiuta a far conoscere la Basilica e ne valorizza il significato e i contenuti spirituali»: lo sottolinea il Primo Procuratore, Carlo Alberto Tesserin.
Michela, Condice, Belén, Eddy e Adrian sono arrivati il 12 luglio nella città lagunare e vi resteranno fino a sabato 29. Non si conoscevano: Michela è di Alba, Condice di Parigi, Belén di Siviglia, Eddy di Newcastle e Adrian di Mainz.
In comune hanno l’appartenenza all’Arc, l’associazione internazionale (vedi scheda nella pagina di destra) che promuove quest’opera di visita guidata in alcune cattedrali europee.
Quello che stanno facendo, da alcuni giorni e fino a fine mese, è offrire quattro turni al giorno, di un’ora e mezza ciascuno, di visita alla Cattedrale. Ogni giovane va al microfono e annuncia ai visitatori interessati dove ritrovarsi per la visita (del tutto gratuita).
Poi, raccolto il gruppo che desidera essere accompagnato in quella certa lingua (le visite sono, appunto, in italiano, francese, spagnolo, tedesco e inglese), inizia il percorso.
Le esperienze e le reazioni dei visitatori sono molto diverse, così come diverse sono le culture e le provenienze. C’è anche chi – in particolare tra gli anglofoni – è estremamente distante o a digiuno di nozioni e consapevolezza di che cos’è il cristianesimo.
Storia e architettura importanti, ma la Bellezza non sta solo lì. Ma quel che colpisce – riconoscono i giovani di Arc – è che non sono storia dell’arte e dell’architettura i protagonisti. L’“effetto wow”, la sorpresa arriva quando si propone il contenuto religioso e spirituale che sottostà alla Basilica.
«A me capita – spiega Condice, 21 anni, studentessa di arte paleocristiana e bizantina – che, nei gruppi, siano soprattutto i bambini a farmi domande di tipo religioso e spirituale. Per loro, a volte, è l’unica occasione per incontrare il messaggio religioso e cristiano. Chiedono: perché è morto Cristo? O: come è risorto?».
Per i francesi, abbondantemente secolarizzati, la chiesa di San Marco è un’occasione rara per confrontarsi con le ragioni della fede.
Per gli italiani è diverso. Lo rimarca Michela, 21 anni anche lei, studentessa di Scienze politiche: «Gli italiani che guido perlopiù sono battezzati, hanno fatto catechismo e hanno esperienza di Chiesa. Perciò capita che dicano, per esempio: “ma noi la Genesi la conosciamo già, per cui la cupola della Genesi la capiamo”. Però, quando spiego loro un simbolo o il significato di un dettaglio rimangono stupiti. La cosa che stupisce me stessa è il fatto che, una volta che accettano di non sapere già tutto, allora diventano davvero interessati».
Le domande teologiche dei bambini. E la chiave per passare da una certa supponenza alla meraviglia è il linguaggio: «Mi spiace spiegare le cose in modo molto semplice – prosegue Michela – come se le spiegassi ai bambini. Da lì poi passo a cercare di far capire che legami ci sono con il testo biblico, quali significati teologici sono sottesi a certe immagini…».
Per l’inglese Eddy quella di Venezia è la seconda esperienza del genere, dopo quella già fatta in Germania: «Questa è una chiesa importantissima e bellissima, visitata da un sacco di gente da tutto il mondo. Proprio perciò incontro persone con molta meno competenza culturale e vaghi o diversi contenuti religiosi. Certo, dipende dal fatto che l’inglese è la lingua più parlata e perciò dialogo con turisti provenienti da tanti Paesi. Perciò il mio compito diventa più complesso ma anche affascinante. Ed è vero che l’aspetto principale colto è il riconoscimento della bellezza; ma quando vi si aggiunge il contenuto spirituale, la reazione è più coinvolta».
Al di là delle magnificenze… Un coinvolgimento che è proprio l’obiettivo cui si punta. Si tratta di risvegliare domande di senso, non solo di far gustare la bellezza come frutto della creatività umana. Lo conferma don Gianmatteo Caputo: «Se aldilà delle magnificenze artistiche si entra nel merito delle cose spirituali e le si descrive con la stessa capacità di sorprendere e coinvolgere il visitatore, spesso questi resta meravigliato. Ed è una sorpresa diversa, che non porta ad una reazione esteriore, ma che si coglie come interiore. E allora l’“effetto wow” ha un grande significato».
Giorgio Malavasi