Il nome è già un programma: si chiama “Hepic” ed è la prima imbarcazione a idrogeno per il trasporto passeggeri nella laguna di Venezia. Uno spartiacque, insomma, che sarà presentato all’ormai imminente Salone nautico all’Arsenale, dal 18 al 23 giugno. Un’impresa “epica”, visto che si tratta di un progetto innovativo e sperimentale, condotto in porto rischiando risorse per testare una nuova tecnologia. La novità di fondo è che su Hepic non c’è alcun motore endotermico, cioè del tipo tradizionale a gasolio. C’è un unico motore elettrico al quale l’energia viene fornita sia da batterie che da una cella combustibile ad idrogeno.
Emissioni e rumore zero. I vantaggi sono numerosi. In primo luogo è una barca che non inquina. Non avendo un propulsore che brucia combustibili derivati dal petrolio, non produce né polveri né anidride carbonica né altri inquinanti derivanti dalla combustione delle fonti fossili. Al massimo, dalle celle a idrogeno esce un po’ di vapore acqueo… Essendo elettrica, inoltre, la barca non solo non inquina, ma non fa rumore. Rimane poco più dello sciabordio dell’acqua solcata dal mezzo. Fin qui ciò che va. Poi ci sono gli ostacoli, le fatiche, le incognite… Perché, come capita ad ogni apripista, il sentiero è tutto da tracciare. Intanto è una scommessa anche dal punto di vista economico. Dietro a Hepic ci sono imprenditori e società o anche istituzioni, ma non Toyota o Fca o lo Stato italiano. Il mercato potenziale, d’altronde, è relativamente piccolo: è quello dei trasporti in laguna di Venezia. Ben che vada, se ne costruiranno alcune decine, non milioni di esemplari; ed è ovvio, perciò, che i costi per la ricerca e i prototipi siano pesanti e la remunerazione contenuta. Al momento ci sta provando Alilaguna, con un cofinanziamento regionale. La costruzione della barca a idrogeno è dei cantieri Vizianello di Fusina e Casale sul Sile; e ci sono alcune partnership: quelle di Hydrogen Park, Enel, Econboard, Linde, Dolomitech e Veneto Innovazione. Poi c’è un problema normativo. Ciò che ancora non esiste non è stato normato. Ma adesso si presenta l’esigenza di avere delle regole e anche di averle tutte. Per giunta, quel po’ di normativa nazionale che già sussiste è discordante rispetto a quella europea. Per questa ragione i veneziani che stanno esordendo con la barca ad idrogeno sono in contatto con il Rina, il Registro navale italiano – di concerto con la Capitaneria di porto – per effettuare tutte le verifiche tecniche, così da ottenere le approvazioni necessarie alla navigazione e all’utilizzo dell’imbarcazione per il trasporto pubblico di passeggeri.
Approvazioni in ritardo. Approvazioni che tardano: «Speriamo di averle presto», afferma Fabio Sacco, presidente di Alilaguna: «Anche sul fronte delle regole, e non solo su quello tecnologico, è necessario accelerare. Occorre creare norme nuove, dove mancano, e interpretare quelle vecchie alla luce dell’evoluzione delle tecniche e dei bisogni». Infine c’è un problema di infrastrutture, per ora carenti o assenti. C’è la necessità di realizzare punti di rifornimento di idrogeno vicini alla tratta effettuata dall’imbarcazione; e, ancora, bisogna poter contare su una produzione sufficiente di questo gas, a prezzi accettabili. Per un battesimo “epico”, quindi, di questa imbarcazione, ci sono tutte le premesse…
Giorgio Malavasi