Prima lo scoppio della pandemia, ora la didattica a distanza: soffrono gli studentati cattolici della città. Se poco più di un mese fa c’era ancora una piccola speranza di ripresa, i numeri ad oggi danno un quadro per niente rassicurante. Ma vediamo la situazione nel dettaglio, numeri alla mano.
Tra le realtà più in difficoltà rientra sicuramente quella della Casa della studente Domus Civica vicino ai Tolentini, il convitto tutto al femminile gestito dall’Acisjf che ad oggi tra fine agosto e inizio settembre ha visto confermati solo 31 posti letto su 83 disponibili. «La situazione è molto grave, le famiglie ci dicono che non ha senso pagare una retta mensile quando gli studenti possono seguire le lezioni da casa: una situazione che comprendiamo e non ci sentiamo di giudicare» dice il responsabile Vincenzo Braga, spiegando che anche due ragazze da tempo ospiti in Domus quest’anno hanno detto che arriveranno solo dal secondo semestre solo se dovessero riprendere le lezioni in presenza. «D’altro canto noi abbiamo dovuto aumentare la retta del 10% dopo che era stabile da 5 anni, questo per far fronte alle nuove spese di sanificazione e perché, per cercare di ridurre il rischio di contagio, abbiamo diminuito di 10 posti disponibili dai precedenti 93». Ancor più drammatica la situazione per la Domus Ciliota a Santo Stefano che per ora resta chiusa per mancanza di richieste. La casa spera di aprire nel secondo semestre se i posti e le condizioni anti-covid lo permetteranno. La struttura però dispone anche di un appartamento, al momento l’unico occupato da quattro studenti universitari.
Al collegio delle suore Canossiane a San Trovaso per ora sono confermati 49 posti su 60 e di questi sei verranno occupati solo da gennaio, mentre alcuni devono ancora dare conferma. Alla Casa Catecumeni delle suore Salesie invece solo 18 su 35 posti attualmente disponibili sono prenotati e diverse sonno le richieste arrivate senza però alcuna conferma. Una situazione difficile dove si stenta a restare a galla soprattutto perché, mancando le rette, con le poche stanze confermate le case non riescono a far fronte alle spese di gestione, quest’anno poi innalzate dall’incremento delle pulizie svolte dal personale per la disinfezione degli spazi.
La sola realtà a salvarsi più delle altre è quella del Cpu, Centro di Pastorale Universitaria, con le Case di Santa Fosca a Venezia e San Michele a Mestre, che sembrano avere meno problemi dal punto di vista dei numeri. Sono infatti 15 su 110 i posti ancora liberi a Santa Fosca e 6 su circa 70 quelli ancora vacanti a San Michele, dove da quest’anno inoltre una ventina in più sono dedicati a laureandi o laureati che si fermano in città a lavorare. «Questo perché i ragazzi che sono stati da noi hanno parlato bene ai loro amici e conoscenti della nostra realtà come esperienza importante che lega molto le persone, un caso in cui il passaparola funziona bene» sottolinea il presidente Marco Zordan. Proprio lo scorso sabato a Santa Fosca si è celebrato un matrimonio di due ex studenti, a dimostrazione che le relazioni che si creano all’interno delle case sono intense a aiutano a fare scelte di vita. Anche se il Cpu ha più successo nei numeri questo non vuol dire che se la passi bene, infatti ha dovuto attivare un prestito in banca. «Vista l’incertezza su come sarà l’anno accademico, ci sono state diverse rinunce e i colloqui sono ancora in corso» ha detto Zordan. La crisi infatti ha investito tutti, a risentire di un pesante calo è stata anche l’attività ricettiva degli ostelli che specialmente durante l’estate aiuta a tenere in vita le case.
Francesca Catalano