«Ogni anno, solo a Murano, vengono prodotti tra le 800 e le 1000 tonnellate di scarti di vetro. Col nostro lavoro riusciamo a processare e a dare nuova vita a qualche quintale di vetro a settimana: certo, è una piccola percentuale, ma da qualche parte bisogna pur iniziare», racconta Matteo Silverio, 38 anni, architetto e designer, fondatore, con la moglie Marta Donà, della start-up rehub, con sede proprio a Murano, nata con l’obiettivo di trattare il vetro che non ha le caratteristiche per essere riciclato nella classica campana.
«Grazie a mia moglie Marta, che ha ereditato l’azienda di famiglia, in cui si producono strutture per lampadari, lavoro da dieci anni con il vetro di Murano: un mondo in cui ho percepito subito quanta passione, amore e dedizione i maestri vetrai mettano nelle loro creazioni», spiega Silverio.
Matteo Silverio ha inventato il procedimento, in fase di brevettazione, che permette a rehub di dare nuovo valore agli scarti di vetro, in perfetta armonia coi principi dell’economia circolare, utilizzando il 70% in meno dell’energia normalmente impiegata per lavorare il vetro.
L’innovazione consiste nel fatto che, dopo aver ricevuto questo vetro, a rehub lo trattano e lo trasformano in una pasta malleabile, che ha una consistenza simile al pongo e che può essere lavorata a temperatura ambiente. «Quello su cui abbiamo lavorato molto all’inizio era di creare una specie di standard di lavorabilità che ci permettesse poi di trasformare e modellare questa pasta a mano o in alternativa di utilizzare processi industriali noti, come la laminazione, l’iniezione e la rullatura. Inizialmente ci siamo avvalsi di macchine commerciali e solo in seconda battuta abbiamo sviluppato un estrusore ad hoc, che ora è un brevetto depositato, per la stampa 3D. Grazie alla nostra soluzione possiamo promuovere una filiera di riciclo complementare, riducendo i rifiuti e l’utilizzo di materie prime, coerentemente con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite».
I risultati della lavorazione degli scarti di vetro di rehub sono gioielli, oggetti decorativi e per la tavola, soluzioni per l’illuminazione, decorazioni, mobili, piastrelle e molto altro ancora. «Abbiamo creato diverse collezioni di manufatti di design con forti legami col nostro territorio», spiega Silverio. «Nassa, il nostro prodotto di punta, costituita da griglie create con un algoritmo che le distorce in un determinato punto, creando delle “imperfezioni” che rendono ogni pezzo unico, Terrazzo veneziano, ispirato alla tradizionale pavimentazione composta da granulati di marmo e pietre, e Ghebi, le cui linee ricordano le curve sinuose dei ghebi veneziani, i piccoli canali che, tra velme e barene, collegano le vie d’acqua principali alle zone più interne, sono le nostre prime sperimentazioni, che ora stiamo cercando di commercializzare: un modo non solo per autofinanziarci, ma anche per promuoverci, per farci conoscere. Abbiamo anche fatto personalizzazioni per alcune linee di moda e per l’Università Ca’ Foscari, che ci ha chiesto molti pezzi per premi e manifestazioni».