«Il mio sogno? Fare un’esperienza nei mari del Nord, andando a vivere lì per un periodo. Ci sono scenari naturali meravigliosi, incontaminati. Ma gli Alberoni restano nel mio cuore. La vita del guardiano del faro è affascinante. Forse vivi un po’ isolato, ma la cosa più bella è il senso di libertà e serenità che si respira guardando il mare e rimanendo, per ore, immerso nella natura». Claudio Cavasin, 60 anni, è il guardiano del faro degli Alberoni al Lido, uno dei pochi rimasti in Italia per un mestiere in via di estinzione.
A Venezia sono soltanto due i fari ancora oggi abitati in città: quello degli Alberoni, appunto, dove vive Claudio, e poi quello a Murano. Qui i faristi si occupano anche del faro di San Nicolò, l’altro faro del Lido conosciuto anche come “isola dei due fari”.
La storia. Cavasin non ha mai perso la voglia di sognare. Essere farista è un mestiere d’altri tempi e lui è tra i pochi rimasti in servizio in Italia e di più lunga militanza. Come dipendente civile, e non di grado militare, è entrato a far parte, per la prima volta, della Marina Militare a Venezia nel 1977, da 42 anni.
«Sono diventato guardiano del faro degli Alberoni venti anni fa, nel 2000 – spiega Cavasin – prima lavoravo in Arsenale, sempre per la Marina e, essendo impiegato in mansioni di carpenteria, ho dovuto affrontare dei problemi di sordità. La vita del guardiano del faro mi ha sempre affascinato e così, quando è stato pubblicato il concorso per un posto, ho raccolto la palla al balzo. C’era un posto disponibile, ho vinto il concorso e ho ottenuto la sede che avevo chiesto. Devo solo dire grazie alla Marina Militare di Venezia perché mi ha dato l’opportunità di realizzare un sogno che avevo fin da bambino: essere il guardiano del faro. Oggi sono ancora qui: quando arrivai ero sposato di fresco e mi andava bene trasferirmi agli Alberoni, anche perché mia moglie lavorava a Pellestrina. Quella che fu una decisione dettata da motivi logistici e di opportunità, oggi è diventata una scelta di vita. Ne vado fiero, così come sono orgoglioso di appartenere alla Marina. E so che se mi stufassi, il giorno dopo andrei in pensione serenamente, senza arrecare disturbo e ringraziando tutti».
Gli incarichi da svolgere. I faristi agli Alberoni sono rimasti in due: lui e un altro collega. Entrambi si turnano e garantiscono una reperibilità 24 ore su 24, sette giorni su sette, per 365 giorni all’anno. «Il mio lavoro – riprende Cavasin – è quello di occuparmi dei segnalamenti luminosi per far entrare le navi in porto: garantiamo la manutenzione ordinaria, oltre a quella straordinaria, di ciascuno. Tutto deve essere in ordine e perfettamente funzionante. Il mio campo d’azione arriva fino a tre miglia in mare aperto, ossia a circa sei chilometri. Poi c’è tutto il canale dei Petroli Malamocco-Marghera. Noi svolgiamo questo compito per la Marina Militare, ma non dipendiamo dal Ministero della Difesa, anche perché buona parte del traffico è commerciale».
Anche questo antico compito è molto cambiato nel tempo e la tecnologia offre un aiuto importante. «Oggi tutto è telecomandato – spiega ancora il guardiano degli Alberoni – e quando si verifica un problema, io dal computer vedo esattamente che tipo di guasto c’è così, quando mi reco sul posto, so già che tipo di riparazione serve. Non è più come una volta quando capitava di arrivare in mare aperto e di non avere a disposizione proprio il pezzo di ricambio che serviva. Anche in piena notte poteva succedere di rientrare alla base e poi uscire nuovamente. Oggi è tutto più chiaro e pianificato. Avere un alloggio di servizio agli Alberoni è un benefit che compensa la reperibilità 24 ore su 24, ma soprattutto permette di avere la reperibilità di qualcuno sempre disponibile, che presidia la zona in modo continuativo». Gli altissimi sistemi di tecnologia non vanno però a rimpiazzare quelle che sono esperienza e professionalità acquisite sul campo. «Siamo rimasti davvero in pochi. Attraverso i gruppi Facebook e sui social – conclude Cavasin – sono in contatto con i faristi di tutto il mondo. Un’esperienza nei Mari del Nord? Non mi dispiacerebbe».
Lorenzo Mayer