Se l’idea non vi spaventa ma, anzi, vi attrae, chiamateli mini-mini-Mose. Sono le valvole che, da gennaio 2019, entreranno in funzione mettendo al sicuro il nartece della basilica di San Marco in caso di acque alte contenute. Un intervento che ridurrà le invasioni dell’acqua da circa 200 a una decina in media all’anno.
Qualche ritardo, per via delle acque alte di novembre, c’è stato. Ma l’opera adesso è compiuta e proteggerà dal 90% dei dilavamenti il porticato che dà accesso alla basilica.
All’asciutto fino a 90 centimetri. Detto in maniera molto elementare, si tratta di piccole paratoie. Verranno chiuse non appena la marea si alzerà oltre una certa quota, impedendo all’acqua di entrare nelle condotte che sbucano nel nartece. L’atrio della Cattedrale rimarrà quindi all’asciutto fino ai 90 centimetri di marea, oltre i quali non c’è difesa che tenga, salvo il “grande Mose”.
La questione nasce dall’incremento rilevante – in particolare nel Novecento e in questi primi anni del Duemila – delle acque alte. «L’insula di San Marco – spiega il Proto Mario Piana – è una sorta di catino, con bordi più alti e una parte depressa centrale. Nell’area di massima depressione c’è la basilica di San Marco. E il punto più basso è davanti al portale centrale della Basilica: è anche il punto più basso della città e si allaga a 65 centimetri».
Va detto che la relazione fra acqua e terra – rispetto a quando la basilica è stata costruita, più di novecento anni fa – è cambiata di una misura tra i 60 e i 100 centimetri. A favore dell’acqua, chiaro. Quindi ciò che rimaneva asciutto secoli fa, adesso va sotto quasi a ogni rialzo di marea. E peggio sarà nei prossimi decenni, per via dell’innalzamento del livello dei mari.
Il “gatolo” di San Marco. Il sistema funziona così. Piazza San Marco ha dei condotti sotterranei, i “gatoli”, che servono a smaltire l’acqua piovana. Quando piove, l’acqua viene giù dai tetti, si infila nei gatoli e viene portata in laguna, nel bacino di San Marco e nel rio che sta dietro le Procuratie Vecchie.
La rete dei gatoli è stata rifatta più volte e, attorno alla Basilica, l’ultimo rifacimento risale alla metà dell’Ottocento. «In particolare – precisa l’architetto e docente Iuav, cui è affidata la direzione tecnica nella conservazione degli edifici marciani – c’è un gatolo che serve la Basilica. Gira attorno ad essa, partendo dalla porta del palazzo patriarcale e arrivando fino alla porta della Carta. È un condotto in laterizio, misura all’incirca 50 centimetri per 60 ed è coperto da lastre di pietra».
Quando l’acqua entrava nel nartece e non ne usciva più. È collegato con il nartece da alcune condutture sotterranee, che sboccano in 19 forine, cioè punti di fuoriuscita dell’acqua. Li aveva fatti realizzare, negli anni ’60, il Proto Ferdinando Forlati. Fino ad allora, infatti, l’acqua superava la porta di Sant’Alipio, cioè il primo portale a sinistra che fra le tre porte della Basilica è quella più bassa. «L’acqua entrava e non usciva più: ci impiegava giorni a scolare passando per gli interstizi. E bisognava svuotare, a mano e con le pompe, il nartece allagato. Da quando, invece, Forlati ha creato tre canali di collegamento con il gatolo principale, l’acqua nel nartece entra velocemente ed esce altrettanto velocemente.
Ma i duecento allagamenti all’anno sono diventati insostenibili, sia per la fruibilità dello spazio sia per la tutela del monumento.
Vent’anni fa il progetto da sette milioni. Già una ventina d’anni fa era stato redatto un progetto per difendere Basilica e nartece. Era uno stralcio del progetto Insula, quello che ha prodotto un rialzo perimetrale dell’insula marciana. Un rialzo portato a termine poi solo parzialmente, verso il Molo, che adesso è a 110 centimetri.
L’ipotesi prevedeva di abbandonare la rete sotterranea attuale di raccolta delle acque in tutta piazza San Marco, di realizzarne una nuova, di intercettare grazie ad essa le acque piovane e di scarico, e portarle tutte in una grande vasca sotterranea da costruire ai Giardinetti reali; da lì, grazie a pompe, sarebbe poi confluito tutto in laguna.
Per la Basilica, era previsto di togliere tutta la pavimentazione musiva del nartece e di fare una vasca di impermeabilizzazione. Per un costo di circa sette milioni di euro.
Un’impresa costosa e anche piuttosto “muscolare”: «Perciò – riprende Mario Piana – ho ritenuto di avanzare un’ipotesi più leggera. L’idea è stata di chiudere con delle valvole gli sbocchi che il gatolo perimetrale ha con i canali che entrano nel nartece, così da impedire che l’acqua risalga. Questo dopo aver sistemato i gatoli in muratura ormai fratturati, per cui l’acqua entrava per filtrazione».
L’acqua invade, non s’infiltra. Un’ipotesi progettuale che reggeva solo se fosse stato dimostrato che la marea allaga per invasione e non per infiltrazione. Cosa, questa, che è stata dimostrata grazie ad una serie di sperimentazioni e misurazioni.
Nasce così l’opera poco impattante e relativamente poco costosa – un milione di euro (contro i sette del progetto di fine ‘900) – appena realizzata.
«La difesa – prosegue il Proto di San Marco – l’avevamo calcolata fino a 85 centimetri, perché a quota 85 c’è il punto più basso del dosso che si trova fra la Basilica e i Pili. Sopra quella quota l’acqua entrava comunque. In realtà, abbiamo aggiunto la proposta di raddrizzare una depressione del dosso, portando la pavimentazione a 90 centimetri. Proposta che è stata accolta e realizzata. Quindi adesso, fino a 89 centimetri, l’acqua non entra. Dai 90 in poi l’acqua entra dal resto della piazza».
Il “palloncino” che fa chiudere la paratoia. Per quanto riguarda invece le valvole che bloccano il collegamento con il nartece, funzioneranno così. Presumibilmente ai 60 centimetri di marea (la misura precisa è ancora da decidere), un sensore darà il comando ad un “palloncino” di gonfiarsi di olio, facendo chiudere la paratoia. Viceversa, al calo dell’acqua, il “palloncino” si sgonfierà e la paratoia si abbasserà.
In questo modo, grazie alle valvole opportunamente aperte e chiuse, si passerà da quasi duecento invasioni all’anno ad un numero oscillante fra 7 e 15. Cioè una volta su venti rispetto a ieri. Non male, per un mini-mini-Mose…
Giorgio Malavasi