«Chi siamo noi per decidere di interrompere una vita? Alexander è nato il 6 febbraio alle 16:34. Ed è morto praticamente subito. Pochi secondi, forse qualche minuto. Però, la vita non comincia alla nascita. Alex è vissuto sette mesi nel ventre di sua mamma. Al caldo, protetto, amato. Voluto. Questo è stato il massimo di ciò che abbiamo potuto offrirgli. Ma non ci sembrava giusto che fossimo noi a dire no alla vita di un bambino. E siamo oggi convinti della validità della scelta fatta». È una testimonianza dolorosa, ma anche di speranza, fede e valore della vita, quella offerta da due giovani genitori – Ruggero Dalla Santa e la moglie Hanya – parrocchiani di Sant’Antonio al Lido. «Quando mi hanno portato a vederlo, il suo battito era già estremamente debole. Come genitore, in quella situazione l’unica cosa che vuoi è poter fare qualcosa per tuo figlio. Aiutarlo. Alex è rimasto giusto il tempo necessario per permettermi di battezzarlo».
Ruggero, originario del Lido, per diversi anni ha vissuto all’estero in Inghilterra dove ha conosciuto la ragazza di nazionalità polacca che poi sarebbe diventata sua moglie. La coppia è poi tornata al Lido e qui, è nato Teodor, il primogenito. Anche lui prematuro con parto anticipato, ma ora Teodor sta bene. Poi è arrivato Alexander: la sua vita è durata solo pochi minuti. E martedì 13, nella chiesa di Sant’Antonio al Lido, si sono celebrati i funerali presieduti dal parroco don Renato Mazzuia, con la partecipazione di tutta la comunità che si è stretta alla famiglia.
«Si può valutare una vita anche sull’effetto che essa ha sugli altri – ha osservato Ruggero – sull’influenza, nel bene e nel male, che questa vita ha sulla vita degli altri. Alex non ha potuto conoscere molte persone, però il suo effetto sulla nostra vita è stato enorme. Quella di nostro figlio Alexander purtroppo era una fine annunciata. Da quando in gravidanza era stata diagnosticata la trisomia 18, una condizione che lascia pochissime speranze di sopravvivenza, in tanti ci hanno chiesto, in modo più o meno velato: ma perché? Perché non interrompere la gravidanza? Perché lasciarlo crescere? Domande che ne sottintendono un’altra: ma ne vale la pena?». Tutti interrogativi che la giovane coppia inevitabilmente si è trovata di fronte. «Non abbiamo saputo rispondere a una domanda del genere. Come fai ad assegnare un valore ad una vita, anche una che è in processo di cominciare? – si è chiesto ancora Ruggero – Non è una domanda retorica, me lo chiedo davvero, perché questo è ciò che si fa negli elogi funebri. Si tirano le somme di una vita. Si fa il bilancio della vita del defunto: le cose che ha fatto, le persone che ha conosciuto, i posti che ha visitato».
Ma una vita di pochi minuti, che esperienze può aver fatto? La risposta l’hanno data, con la loro coraggiosa scelta, proprio i genitori portando avanti la gravidanza come un dono prezioso. «Alexander – ha concluso il papà – ha vissuto un’intera vita di amore, per sette mesi nella pancia della mamma. E questo non è poco. Tutti ovviamente ci auguravamo che la sua vita fosse più lunga. Ma pur non avendo conosciuto nessuno di persona, Alex ha toccato moltissime persone. Siamo grati a tutti gli amici e le persone speciali che ci sono stati vicini in questo percorso. Temevamo quello che sarebbe successo. Avevamo paura del dolore che avremmo provato e di quanto quel dolore ci avrebbe segnato. La separazione è sempre triste, però l’emozione che Alex ci ha lasciato non è dolore o tristezza. È gratitudine, è serenità. E’ amore. Così tanto amore che, a volte, non sa più dove andare e allora straripa sotto forma di lacrime. Così tanto amore che non sapevamo di essere in grado di provare. Grazie, Alex, per averci scelto come tuoi genitori».
Lorenzo Mayer