Dopo i casi di contagio che in piena pandemia avevano colpito alcuni ospiti e operatori, l’ospedale San Raffaele Arcangelo oggi si dice più che mai pronto a ripartire, lasciandosi alle spalle ogni criticità.
Attualmente casi di positività non ce ne sono e buona parte del personale si è sottoposto al vaccino. A riferirlo è il direttore di struttura, Marco Mariano, soddisfatto per come l’attività del Fatebenefratelli, a Cannaregio, sia in ripresa. Sia dal punto di vista del settore specialistico-ambulatoriale, sia riabilitativo.
Domande in calo. Qualche difficoltà tuttavia non manca, connessa ad una dinamica della domanda delle accoglienze mutata rispetto ad un anno e mezzo fa. «Sapendo che non potranno vedere i propri cari con continuità – riflette Mariano – e che in questi mesi le strutture socio sanitarie sono state maggiormente colpite dalla pandemia, finché possono le famiglie tendono ad assistere i parenti a domicilio. Il risultato? Siamo ad un 20% di riduzione dell’attività». Insomma, la tendenza è quella di cercare di garantire un’assistenza a casa, a meno che non subentrino difficoltà di un certo tipo. E prima di affidare i loro cari alla struttura, le famiglie si premurano di sapere se ci sono contagi in atto, come si svolgeranno le visite e a che punto sono le vaccinazioni. «Tra il personale – riflette il direttore, riferendosi ad alcuni oss, infermieri e fisioterapisti – abbiamo una piccolissima percentuale che non ha ancora ricevuto l’inoculazione. Conosciamo i riflessi che ci saranno soprattutto nei confronti di un operatore d’interesse sanitario, derivanti dall’applicazione del decreto legislativo che il governo ha determinato in materia d’obbligo di vaccinazione: quando le aziende sanitarie inviteranno ad immunizzarsi, a quel punto dovranno essere attuate delle azioni da parte della struttura». Un mancato adempimento a quest’obbligo, in assenza di mansioni alternative che non prevedono un contatto diretto con il paziente, porterà la persona ad un eventuale collocamento al domicilio, con sospensione della retribuzione. Questo, almeno, dice il decreto legge.
Ospedale di comunità. «Siamo una struttura diversificata perché, oltre all’attività specialistica ambulatoriale, vi sono 8 posti letto di hospice, oltre a quelli destinati alla casa di riposo e agli stati vegetativi. Un’ottantina sono poi disponibili per la riabilitazione e rieducazione funzionale, mentre una novità è l’attivazione al quarto piano del cosiddetto ospedale di comunità, di cui si sta parlando molto nel nuovo piano Draghi». Un’offerta proiettata al futuro del Fatebenefratelli, capace di erogare assistenza sanitaria di breve durata a quei pazienti che non presentano un’elevata necessità di assistenza medica, ma che allo stesso tempo non possono essere curati adeguatamente a domicilio. «È già attiva per 10 posti letto dai primi di maggio e abbiamo fatto richiesta d’ampliamento a 15». Un servizio importante, specie in un contesto in cui il Covid ha portato alla sospensione – a livello nazionale – delle attività non urgenti. «Tante sono dunque le persone che hanno bisogno di un ricovero programmato e questi posti consentono di ridurre la permanenza in ospedale». E se le prospettive sono un auspicato incremento dell’attività ambulatoriale («nel Paese c’è una grossa mole di richieste da smaltire per via di un rallentamento provocato dal virus»), il priore fra Marco Fabello ricorda come nei momenti più bui i religiosi non abbiano mai fatto mancare la propria vicinanza ai pazienti, costretti a stare lontani dai loro cari.
Marta Gasparon