Alcuni interventi sono già stati avviati nel mese di dicembre, perché urgenti: le pietre e i marmi impregnati di acqua salata andavano lavati al più presto per evitare che il sale cristallizzasse. Altri sono in corso. E tutti si dovranno concludere entro il mese di aprile, quando sarà obbligatorio presentare la rendicontazione dei lavori fatti per ottenere i rimborsi stanziati dallo Stato per l’emergenza acqua alta. A tessere le fila di questo complesso lavoro di pronto intervento su tutto il patrimonio diocesano sono stati don Fabrizio Favaro e don Gianmatteo Caputo (rispettivamente vicario per gli affari economici e delegato patriarcale per i Beni culturali ecclesiastici e l’Edilizia di culto) che hanno provveduto non solo a potenziare le strutture diocesane con nuovo personale ma a coordinare i sopralluoghi congiunti con i funzionari della Soprintendenza (architetti, storici dell’arte e restauratori) e il Nucleo di Tutela dei Carabinieri agli 85 luoghi (tra edifici di culto, patronati e canoniche) segnalati dai parroci nelle diverse zone di Venezia e isole colpite dalla marea eccezionale dello scorso 12 novembre. I marmi, dunque. E i pavimenti, specialmente quelli a mosaico di Torcello o dei Santi Maria Assunta e Donato a Murano, le cui tessere hanno subito iniziato a staccarsi. Ma anche gli altari: quello prezioso di Tullio Lombardo, nella chiesa di San Martino di Castello, rimasto a lungo sott’acqua e che correva il rischio di successivi notevoli danni, come riferisce don Gianmatteo Caputo, se non fosse stato subito trattato da restauratrici competenti. In pericolo inoltre è anche la quattrocentesca cappella Corner di Mauro Codussi della chiesa dei Santi XII Apostoli: «Appartiene al nucleo più antico della chiesa e il pavimento si trova al di sotto del livello stradale».
Non solo l’acqua, ma anche il vento. E non c’è solo l’acqua alta. Il maltempo di quella terribile notte di novembre, con il vento che sferzava oltre i 120 km l’ora, ha provocato grossi danni anche alle coperture. «Ad esempio – prosegue don Caputo – alcuni pezzi della copertura in piombo del campanile di San Pietro di Castello sono volati nel giardino sottostante. E una ditta specializzata è dovuta intervenire immediatamente per la messa in sicurezza». E ancora la chiesa dello Spirito Santo, alle Zattere, che ha subito notevoli danni anche per le forti ondate che arrivavano dal Canale della Giudecca.
Obiettivo: sale zero. Dopo la pulitura sommaria fatta spesso direttamente dai parroci o da loro aiutanti, o dalla Protezione Civile, nelle giornate subito seguenti alle maree, il lavoro vero e proprio è stato ovviamente affidato a ditte specializzate. «Si lavora con l’acqua dolce e nei casi dove lo si ritiene necessario anche con l’acqua demineralizzata. Si deve evitare che il sale cristallizzi. E’ un lavoro che viene eseguito più volte, fino a che dagli impacchi non emerge che la presenza di sale è pari a zero». Ma è un lavoro che deve essere fatto con grande attenzione per evitare che l’acqua residua, in questo periodo di particolare freddo, possa gelare: «Si potrebbero creare altrimenti delle microfratture, con relativi danni soprattutto alle opere scultoree. Spesso, come nella chiesa dei Miracoli, la ditta di restauro ha dovuto eseguire anche un intervento di fissaggio per evitare che i marmi potessero staccarsi. E questo vale anche per Torcello e Murano, dove si stava già verificando il distacco delle tessere di mosaico».
Arredi lignei: interventi complessi. Passando dai marmi ai rivestimenti e agli arredi lignei, sono numerose le chiese che hanno subito danni consistenti. «I banchi della chiesa di Sant’Eufemia alla Giudecca, ad esempio, oppure quelli settecenteschi della chiesa di San Martino di Castello, o ancora quelli di San Marcuola. A San Simeon sono risultate danneggiate le parti lignee delle colonne che sorreggono l’organo della controfacciata, tanto che si è dovuti intervenire per la loro messa in sicurezza». In questo caso, trattandosi di materiale ligneo l’intervento risulta ancora più complesso: «Non si può lavare con acqua ma occorre un intervento particolare di pulizia e poi, se necessario, vanno rinforzate le parti più danneggiate». In qualche caso, purtroppo, sono stati interessati dalle maree anche i dipinti. E’ il caso della chiesa di San Giacomo dall’Orio: qui si è subito intervenuto con la velinatura delle opere, per evitare distacchi di colore. Altre problematiche riscontrate hanno riguardato gli impianti elettrici, quelli acustici, il riscaldamento, laddove realizzato con pedane a terra, le pompe idrauliche e alcuni organi. Accanto agli edifici di culto, sono stati riscontrati vari danni anche all’interno delle canoniche e in alcuni patronati. «Ad esempio – prosegue l’architetto don Caputo – nei locali annessi alla chiesa di San Canciano si sono rialzati tutti i pavimenti. E, laddove presenti, sono andati fuori uso gli ascensori. Gli interventi fin qui realizzati, ma sarà così anche per quelli in programmazione, sono stati concordati con la Soprintendenza. Pur dovendo intervenire con la procedura d’urgenza, abbiamo sempre messo al corrente i funzionari della Soprintendenza che sono stati estremamente disponibili non solo nell’eseguire i sopralluoghi subito dopo gli eventi drammatici del 12 novembre ma nel verificare i lavori in corso d’opera». Un ringraziamento don Caputo lo rivolge infine ai Comitati privati per la salvaguardia di Venezia, che stanno raccogliendo fondi destinati alle opere maggiormente colpite dalle acque.
Serena Spinazzi Lucchesi