Domenica 23 giugno compie 140 anni l’acquedotto di Venezia, uno dei primi d’Italia a spinta e non per caduta.
È stato infatti inaugurato la sera del 23 giugno 1884 facendo zampillare l’acqua da una fontana realizzata per l’occasione in Piazza San Marco.
Fino a quel momento i veneziani attingevano l’acqua dalle cisterne interrate nei campi, attraverso le vere da pozzo. Queste cisterne erano rifornite dalla pioggia e dai membri della corporazione degli Acquaroli che la prelevavano dal canale Seriola, scavato all’inizio del 1600, e la portavano a Venezia con grandi burchi.
Ma con il passare degli anni e con l’espansione demografica di Venezia, il sistema si dimostra insufficiente e pericoloso dal punto di vista sanitario.
Le ricorrenti epidemie di colera dell’Ottocento sono la spia di questa precaria situazione. Un’indagine commissionata dalla Giunta municipale subito dopo l’ultima pandemia del 1873 fa emergere il misero stato delle case popolari e collega infezioni e malattie all’approvvigionamento idrico, anche a causa dello stato di abbandono e scarsa manutenzione dei pozzi cittadini. Su un totale di 5.339, infatti, solo 1.907 sono buoni, 2.620 mediocri, 341 limacciosi, 461 fetidi.
Urge, quindi, una decisione. Che arriva nel 1874, dopo oltre tre secoli di discussioni e progetti approvati ma non realizzati, soprattutto a causa della contrarietà delle autorità militari che temevano che un acquedotto esterno alla città fosse facilmente sabotabile in caso di guerra o di assedio a Venezia.
Quindi, preferivano utilizzare pozzi artesiani, che però fornivano acqua di scarsa qualità e si esaurivano presto.
Finalmente, nel luglio 1874, il Consiglio comunale obbliga la Giunta a riprendere in mano la questione del nuovo acquedotto.
Dei sei progetti presentati, viene scelto quello di L.A. Ritterbandt e D. Croll Dalgairns di Londra. Il contratto viene stipulato il 26 giugno 1876 ma tre anni dopo il colosso francese Compagnie générale des eaux pour l’étranger rileva la concessione, quindi il diritto di realizzare l’acquedotto di Venezia.
Sono previsti la costruzione di un canale di derivazione da Stra a Dolo; la realizzazione ai Moranzani di filtri, serbatoi e macchine di elevazione; la canalizzazione dell’acqua a Venezia e l’esproprio di immobili e terreni. Alla Stazione marittima, inoltre, sarà costruito una grande cisterna che raccoglierà l’acqua convogliata dal tubo sublagunare. Accanto a questo, pompe azionate da un motore a vapore che alimenteranno le utenze private, 111 pozzi pubblici e riempiranno le barche che riforniranno le isole.
Costo dell’opera: 1.100.000 franchi francesi d’oro e 2.506.100 lire italiane, che attualizzati corrispondono a una quarantina di milioni di euro.
I lavori partono alla fine del 1880, anticipati dalla realizzazione delle canalizzazioni e della rete di distribuzione (necessaria per rifornire cisterne e fontane pubbliche), partendo dal ponte della Croce, a San Simeon Piccolo.
Per due anni la città è sottosopra e spesso i lavori sono interrotti dai ritrovamenti di reperti archeologici e ossa umane.
A complicare ulteriormente le cose ci sono le modifiche al progetto originale.
Le Ferrovie ottengono il trasferimento della cisterna dalla Stazione marittima a campo Sant’Andrea, dove si trova tuttora.
Nel febbraio 1884 l’acqua della Seriola comincia a rifornire i pozzi e le fontane di Venezia, ma i problemi non sono finiti. Per arrivare al cisternone e alla centrale di Sant’Andrea è necessario allungare il tubo sublagunare facendolo passare in una galleria murale, sotto la Stazione marittima e il canale della Scomenzera.
Inoltre, alcuni lavori hanno drasticamente ridotto la portata del canale Seriola. L’unica soluzione possibile è arretrare la presa dell’acquedotto alla confluenza con il Piovego, che però è inquinato perché raccoglie gli scarichi di Padova.
Quindi, il Comune obbliga la Compagnia generale delle acque a trovare un’altra fonte. La soluzione è a Sant’Ambrogio di Trebaseleghe, grazie alle stesse falde che ancora oggi alimentano l’acquedotto di Venezia.
In pochi anni la rete si allarga, nel 1898 arriva a Murano, due anni dopo alla Giudecca, poi al Lido e a partire dal 1913 comincia ad assumere la struttura attuale.