Saranno celebrati venerdì 27 dicembre, alle ore 11, nella chiesa parrocchiale di San Simon a Venezia, i funerali di Giovanni Battista “Titta” Bianchini, scomparso dopo breve malattia all’età di 85 anni.
Per più da sessant’anni, dal 1956, la firma di Titta Bianchini – prima sul settimanale diocesano “La Voce di San Marco” e sul quotidiano cattolico “L’Avvenire d’Italia”, poi su “Gente Veneta” – della quale è stato tra i fondatori – e infine sul “Gazzettino” ha raccontato le vicende della città e della sua Chiesa, con una grande attenzione alle persone, com’era nello stile dell’uomo oltre che del giornalista.
Nato a Venezia nel 1933, quarto di dieci fratelli di una famiglia impegnata nel mondo cattolico – il padre, l’avvocato Angelo, fu tra l’altro presidente diocesano della San Vincenzo de Paoli – allievo dei Cavanis, Titta fu presto impegnato sia nell’attività ecclesiale sia in quella politica. Partecipò giovanissimo alla campagna elettorale del 1948, e per l’Anno Santo 1950 lavorò nell’Ufficio di accoglienza dei pellegrinaggi extradiocesani a Venezia, diretto da Pio Pietragnoli. E fu Pietragnoli, quando Titta ritornò dal servizio militare in Aeronautica nel 1956, a chiamarlo a collaborare con la “Voce”, della quale era direttore, e con l’ “Avvenire” del quale reggeva l’ufficio di corrispondenza (il quotidiano aveva allora una pagina veneziana).
Titta si impegnò a tempo pieno, con grande generosità. Quotidiana, assidua, fu la sua presenza nel piccolo ufficio al pianoterra del cortile del palazzo patriarcale, contiguo alla basilica di San Marco, agli uffici della Curia, alle residenze del patriarca e dei canonici, alla Libreria Pio X dello Studium, all’Ateneo San Basso, alla Libreria delle suore Paoline di calle Larga San Marco, e quindi su una strada di passaggio, anche quotidiano, per molti, sacerdoti e laici.
Ciò consentì a Titta la conoscenza e la frequentazione di molte persone, anche importanti nella vita della Chiesa – ma le sue cronache furono sempre rispettose di un tono ufficiale, senza concessioni a retroscena o pettegolezzi che pur non gli furono ignoti. E nello stesso tempo divenne il punto di riferimento per i cronisti veneziani in cerca di notizie di cronaca religiosa, mentre nelle fila dell’Unione cattolica stampa italiana approfondiva i legami con i giornalisti impegnati come lui nei settimanali diocesani.
Succeduto a Pietragnoli nella corrispondenza di “Avvenire” nel 1966, Titta fu la colonna portante del lavoro quotidiano per la “Voce” – in ufficio e in tipografia – con i vari direttori, da don Rino Vianello a don Carlo Corao a Francesco Dorigo, fino a diventare l’ultimo direttore del settimanale, nel 1975. Fu naturale, in quell’anno, per don Mario Senigaglia, chiedere a Titta la collaborazione per la nascita di “Gente Veneta”, cui Titta rispose con la consueta generosità.
Nel frattempo, l’attività nella sezione di Santa Croce della Democrazia cristiana e i rapporti intessuti con moltissime persone – camminare con Titta per le calli di Venezia voleva dire interrompere a ogni passo la conversazione per permettergli di rispondere ai saluti – propiziarono la sua candidatura in Consiglio comunale: fu eletto per la prima volta nel 1975 (risultò settimo su diciotto consiglieri, con una campagna elettorale tutta giocata su rapporti personali, svincolata dalle correnti, precedendo personalità ben più illustri, segno della vastità delle sue conoscenze e della stima e simpatia di cui godeva in città). A Ca’ Farsetti fu rieletto nel 1980, nel 1985, nel 1990 e vi rimase fino alla crisi del Comune del 1993. In quell’anno si candidò al Consiglio di Quartiere 1 (San Marco, Castello, Cannaregio, Sant’Elena) e fu eletto con rilevante successo personale, pur in un partito piccolo come il Centro cristiano democratico; fu rieletto nel 1997 e nel 2000 fino al 2005.
Nel frattempo, aveva continuato la attività giornalistica (era stato anche addetto stampa dell’Azienda autonoma Soggiorno e turismo di Venezia dal 1968 al 1982 e collaboratore dell’Ufficio Stampa della Biennale di Venezia per la Mostra del cinema dal 1990 al 2000). Eletto consigliere dell’Ordine regionale dei giornalisti del Veneto per il triennio 1974-1977, e rieletto per il triennio 1977-1980, in ambedue i mandati ha ricoperto la carica di vice presidente. Alle pagine veneziane del “Gazzettino” ha collaborato fino agli ultimi giorni con notizie magari brevi ma sempre attente alla vita delle persone e alle attività di volontariato e di solidarietà: sia pure per rapida citazione, era direttore responsabile del periodico degli Amici di Colonia Venezia di padre Giorgio Callegari, e presidente della sezione veneziana del Centro d’arte San Vidal della Unione cattolica artisti italiana. Nel 1997 ha fondato – e ha condotto per ventun anni – il Premio Miramare, legato all’omonimo stabilimento balneare del Lido: la scorsa estate il Premio fu assegnato a lui, in segno di riconoscenza.
Può essere soltanto una curiosità, ma va ricordato che era un grande esperto di sport, soprattutto di calcio, che aveva praticato a livello amatoriale (così come aveva praticato il teatro): per questa sua competenza era stato consigliere della Associazione Calcio Venezia, e commissario nella stagione 1976-77. Ed era stato a lungo presidente della Cooperativa “Ducale” di gondolieri. Altro, della sua vita lunga e intensa, può sfuggire al ricordo, nel momento triste del commiato.
Il ritratto professionale non può escludere un ricordo per il cristiano. Titta era uomo di fede semplice e convinta, estranea agli studi teologici e biblici, ma vissuta con grande rigore personale e grande devozione – quotidiana la partecipazione alla messa, dove volentieri svolgeva il ruolo di ministrante, così come la recita dell’intero Rosario e la “visitina” al Santissimo – e con totale fedeltà alla Chiesa. Se “pace e bene” era il suo consueto saluto anche telefonico, in più di una occasione si presentò come “Titta Bianchini di Santa Romana Chiesa”.
Leopoldo Pietragnoli