«A Mestre, con la ripresa del turismo dopo il Covid i vari b&b sottraggono residenza e, intanto, continua l’uscita dei mestrini dal centro». Ad analizzare il trend del mercato immobiliare a Mestre è Claudio Pianegonda, presidente del consorzio di cooperative Cerv e di Confcooperative Habitat Veneto.
«A Mestre – spiega – la gente cerca case di livello medio-alto, il medio è morto, e qui invece c’è tanto “usato” in vendita: alloggi degli anni ’60 acquistati – spiega l’architetto – in gran parte da stranieri che arrivano fino a 100-120mila euro di spesa». E poi c’è il problema della proprietà frazionata: «All’estero demoliscono e ricostruiscono molto più facilmente, ma ci vogliono proprietari “intelligenti” e concordi per fare una cosa del genere. Ci vorrebbe un pensiero ragionato, di carattere pubblico, per avviare una vera rigenerazione urbana – edilizia e sociale – del centro di Mestre e delle sue frazioni in modo da frenare l’uscita dei cittadini dalla città. Altrimenti non sarà più appetibile». E aggiunge: «Chiediamoci ad esempio: come sarà in futuro, cosa vogliamo che diventi via Piave o via Cappuccina? Bisognerebbe consentire la realizzazione di alloggi di qualità a costi contenuti e soprattutto un’offerta di alloggi per la locazione a canoni moderati, anche con un sostegno pubblico attraverso mutui agevolati o contributi a fondo perduto; è l’impegno che cerchiamo di portare avanti come movimento cooperativo. E ripensare seriamente all’aspetto estetico, alla sicurezza sismica, all’accessibilità rispetto alle barriere architettoniche, all’integrazione e alla coesione sociale per non finire con l’espellere tutte le fasce più deboli. Si tratta di immaginare come deve essere la città da abitare oggi, interessante soprattutto per i giovani. E qui specialmente il legislatore e l’amministratore pubblico dovrebbero fare la loro parte con un pensiero grande».