Il radicchio tardivo di Treviso, un tesoro in attesa di scoprire il mercato globale. È la sensazione che dà una produzione agricola in crescita, per quantità e qualità, ma che ha ampie potenzialità di aggiungere dei segni più.
Lo mostra il fatto che, a Quinto di Treviso, è nata la prima azienda, “Il fiore della salute”, che commercia on line il radicchio e lo recapita, tramite corrieri, entro due giorni in tutt’Europa. Al prezzo di 37 euro si può acquistare una cassetta di 2,8 chili del “fiore dell’inverno” e pare che, nonostante il costo non modesto, parecchie cucine del nord e centro Europa lo gradiscano molto.
Un modello nuovo, cui altre aziende agricole guardano cogliendo le molte potenzialità del mercato. È il caso di un’azienda fra le più qualitative e organizzate del territorio in cui si produce il radicchio tardivo Igp, 550 ettari tra le province di Treviso, Padova e Venezia (in quest’ultima nei Comuni di Martellago, Mirano, Noale, Salzano, Scorzè).
L’azienda è quella di Andrea Favaro, a Scorzè, un modello dal punto di vista della cura dell’ordine, dell’innovazione e dell’attenzione all’ambiente. «Ma ci sarebbero ancora tantissime cose da fare», rileva il titolare, 53 anni, dal 1985 alla guida dell’attività.
Perché è utile ma non basta essere attenti ai temi della ecosostenibilità: «Abbiamo ridotto l’uso di sostanze chimiche per combattere i funghi che producono il marciume delle piante. Abbiamo cioè introdotto il sovescio della senape». In sostanza, in primavera si semina senape nei campi che poi ospiteranno il radicchio. E quando questa giunge a fioritura, la si sotterra. Il risultato è la riduzione dei marciumi fungini.
Anche aver introdotto e sostenuto il commercio a chilometri zero è utile ma non sufficiente: «È in crescita, quest’anno in particolare: circa il 30% del mio prodotto viene venduto direttamente, qui in azienda». E va detto che l’azienda di Favaro ha destinato quest’anno circa 6 ettari a mezzo al radicchio tardivo, con una produzione attorno agli 80 quintali a ettaro di ortaggio pronto per il consumo.
Non basta tutto questo perché la variabilità di un mercato non strutturato è grande: «Quest’anno – chiarisce Andrea Favaro – è andata bene. Ma il buon risultato è frutto di un paradosso: nell’ottobre scorso c’è stato molto caldo e il meteo ha creato problemi alle colture. Così non c’è molto radicchio in circolazione e anche la grande distribuzione paga bene i produttori: siamo sui 3,50-3,80 euro al chilo. Ma ci sono stati anni in cui si sono presi solo 80 centesimi al chilo. E il costo, per me, è sui 2,20 euro per chilogrammo».
È questa la ragione per cui aziende come quella di Favaro dedicano solo una porzione del proprio fondo al radicchio trevigiano: altri 55 ettari, per esempio, l’agricoltore di Scorzè li destina alla produzione del tabacco, perché la stabilità del rapporto con le aziende multinazionali delle sigarette garantisce una redditività piuttosto costante.
«Ci sono tante potenzialità per ampliare il mercato, specie nei Paesi europei, ma anche negli Stati Uniti», rileva il presidente di Confagricoltura Venezia, Giulio Rocca: «Oggi le aziende, benché di alta qualità, sono a conduzione familiare e non stanno investendo. Si potrebbe invece aumentare la redditività creando gruppi di trasformazione e lavorazione del prodotto. Con una maggiore cooperazione, insomma, è possibile accrescere la fortuna di un ortaggio che tutti ci invidiano e che solo da noi è possibile produrre».
Giorgio Malavasi