Il mestiere del calzolaio è tra le attività artigianali che rischiano di scomparire. A Venezia ne sono rimasti sette e pochissimi tra questi sono in grado di realizzare una scarpa “da zero”, come una volta. Molti infatti si occupano solamente della riparazione delle calzature e i calzolai che poco più di un anno fa avevano aperto i loro laboratori a Castello hanno chiuso l’attività dopo alcuni mesi. Per quanto riguarda invece la provincia di Venezia, un tempo a Stra si trovavano le piccole aziende calzaturiere a gestione familiare, in cui ogni fase del lavoro era manuale, ma adesso hanno ceduto il posto alle fabbriche delle grandi firme. Va tra l’altro segnalata l’assenza di un’associazione dei calzolai che riprenda lo spirito dell’antica Scuola dei Calegheri: oggi è presente nel territorio solo un’associazione dedicata agli operai delle fabbriche di Stra, mentre i calzolai di Venezia possono rivolgersi al sindacato della Cgia di Mestre.
Zocchia, un mestiere imparato dal padre. Il laboratorio e negozio di Luigi Zocchia, dal 1988 si trova in calle Foscari, vicino a campo dei Frari. Calzolaio di pluridecennale esperienza, Zocchia si definisce scherzosamente «il dottore delle scarpe». Ha imparato il mestiere nel 1970, da suo padre, e dieci anni dopo ha preso il suo posto. Rientra nel gruppo ristretto di calzolai che si occupano del processo di creazione di una calzatura dall’inizio alla fine. «Un buon artigiano deve creare qualcosa di suo, compatibilmente alle richieste del cliente. Realizzare una calzatura “da zero” – dice lui – è impegnativo e può necessitare anche di 28 ore di lavoro oppure, se si utilizza un prefabbricato, di 20 circa. Per questo motivo molti preferiscono realizzare le scarpe assemblando i pezzi già pronti, mettendoci 3 o 4 ore, oppure riparare quelle portate dalla clientela».
Il “Calzolaio Matto”. Tra i calzolai “riparatori” ci sono Gastone, di origini kosovare, con un negozio poco distante da Luigi Zocchia, e Matteo Milani. Quest’ultimo reca sull’insegna del proprio laboratorio in calle del Fumo, vicino alle Fondamente Nove, il nome “Calzolaio Matto”, giocando sull’assonanza con il proprio. Tuttavia molti dei suoi clienti lo conoscono come Mancini: «Quattro anni fa, quando mio papà è andato in pensione, mi sono trasferito in questo negozio che apparteneva ad un altro calzolaio che ha lavorato qui per più di 20 anni – racconta Milani -. Dal 2008 ho lavorato per l’attività di mio padre che si trovava tra San Lio e Santa Marina. Era un negozio con 60 anni di storia, che tutti conoscevano come Mancini, benché da anni i proprietari non avessero più questo cognome. In quanto erede, anch’io a volte sono chiamato Mancini».
I tre artigiani hanno un’utenza prevalentemente veneziana o proveniente dalla provincia, ma lavorano anche con i turisti. Alcuni sono contattati dagli alberghi. Il “Calzolaio Matto”, trovandosi vicino al pontile delle Fondamente Nove, ha molti clienti che lavorano a Venezia, pur non vivendoci: «Ci sono persone che vengono da Treporti o da Ca’ Savio perché lì non ci sono calzolai», racconta Milani. Tra la clientela ci sono parecchi anziani e per loro Milani fa anche consegne a domicilio. Zocchia osserva una forte componente femminile nell’utenza: «Le donne, rispetto agli uomini, hanno una varietà decisamente maggiore di scarpe in base alle occasioni. E i loro gusti cambiano spesso, seguendo le mode».
Tutti e tre gli artigiani hanno notato che negli anni la clientela si è indirizzata verso calzature di minore costo, ma Zocchia e Milani hanno notato anche che recentemente sta tornando l’attenzione per la scarpa di qualità da parte dei giovani, ma non solo: «Il segreto sta nella qualità dei materiali e nell’esperienza – commenta Zocchia -. Adesso molti ricercano una scarpa vera, resistente e che non faccia male ai piedi». «Ci sono ragazzi e ragazze – conclude Milani – che mi portano da riparare delle scarpe vintage, ereditate dal nonno o trovate ai mercatini».
Camilla Pustetto