Riportare alla luce memorie private per costruire una memoria collettiva. È forse questo l’obbiettivo principale di “Ri-Prese”, progetto nato da un dramma, l’acqua granda del 2019 che ha colpito duramente Venezia e i suoi abitanti, e che oggi conserva e fa rivivere il passato (della città e non solo) mettendolo in comunicazione con il presente e con il futuro. Fondatori del progetto sono Nicoletta Traversa 38 anni, originaria di Urbino e Giuseppe Ferrari, 37 anni, di Trento che, con la piccola figlia, hanno deciso di diventare residenti prendendo casa nel sestiere di Dorsoduro.
Arrivati a Venezia 12 anni fa, frequentano entrambi il corso di laurea magistrale in arti visive allo Iuav e, da compagni di studi diventano compagni di vita. Conseguita la laurea però l’interesse accademico e per la ricerca non si placa, anzi. «Ri-Prese – evidenzia Nicoletta – è stato ispirato dall’Università, dai corsi di cinema e dall’utilizzo creativo delle immagini d’archivio come oggetto da recuperare, come storie da raccontare. Da studenti abbiamo dedicato la nostra attenzione nell’osservare le immagini del passato e delle storie familiari. Giuseppe poi si è laureato nel 2014 con una tesi in cui preconizzava l’importanza di realizzare un archivio a Venezia, dedicato ai girati delle famiglie. Un secolo di storie». Il patrimonio visivo recuperabile tramite questo progetto è infatti costituito da tutte le pellicole e i supporti video dal 1922 ad oggi.
«Per noi – continua Nicoletta – era fondamentale ripensare una storia filmata della città a partire dalle storie con la “s” minuscola, quelle di chi la vive e di chi l’ha attraversata».
Le prime raccolte di materiali e attrezzature. Il progetto muove i primi passi intercettando i materiali recuperati da amici e conoscenti nelle soffitte di casa, nei magazzini o andando personalmente a curiosare nei mercatini dell’usato per recuperare non solo pellicole ma anche proiettori, videocassette, videoregistratori; tutti quei supporti che facevano e hanno fatto parte del cinema di famiglia. Un percorso di approfondimento durato anni gestito, al principio, arrangiandosi con quello che c’era a disposizione. «All’inizio – conferma Giuseppe – amici e conoscenti portavano il loro film e, con un proiettore, in modo un po’ artigianale, li digitalizzavamo. Però non era una modalità strutturata. Poi nel corso degli anni sono successe varie cose».
La coppia entra in contatto con una rete nazionale di altre realtà che si occupano di conservazione e digitalizzazione dei filmati – da Bologna a Bergamo, da Cagliari a Torino – cogliendo la potenza evocativa di un archivio di tal genere, al tempo non presente nella città lagunare. Poi proseguendo in un percorso legato al mondo accademico, il loro progetto è oggi diventato uno spin-off universitario ottenendo un piccolo spazio allo Iuav. Ma, nel 2019, la marea sale inesorabile e travolge Venezia. L’acqua salmastra, molto dannosa per le pellicole, invade il locale dov’erano custodite le pellicole 16 millimetri recuperate da Nicoletta e Giuseppe. Non è bastato riporle più in alto del solito e, per evitarne la distruzione, scatta una corsa contro il tempo. La coppia avvia una raccolta fondi che raccoglie 10.000 euro, fondi destinati al restauro delle pellicole ma, al contempo, li costringe a farsi conoscere al di fuori dei circuiti accademici e degli appassionati.
Dall’Olanda a Venezia. «In quell’occasione – sottolinea Giuseppe – siamo entrati in contatto con un’azienda olandese che costruisce scanner per digitalizzare questi formati filmici che, conoscendo la nostra storia e comprendendo il valore della nostra iniziativa sul territorio di Venezia, ha deciso di venirci incontro sul costo: così, investendo anche nostre risorse, abbiamo comprato lo strumento. È in quel momento che nasce “Ri-Prese” perché abbiamo potuto avviare in modo più sistematico l’attività ed essere una fra le poche realtà italiane che hanno una strumentazione di questo tipo. In questo modo consentiamo alle famiglie che ci contattano via mail o sui social di digitalizzare filmati d’epoca gratuitamente e, al tempo stesso, possiamo svolgere un servizio anche per altre realtà istituzionali, per lo più archivi di materiali audiovisivi».
Ma l’attività non si ferma alla digitalizzazione. L’archivio parla e comunica. «Queste memorie – conferma Nicoletta – rivivono attraverso progetti dedicati, produzioni audiovisive, installazioni artistiche, progetti di studio, tesi di laurea di tanti ragazzi, progetti editoriali e proiezioni pubbliche».
E, a partire da giugno 2025, amplierà ancora di più la platea dei conoscitori. «Insieme all’associazione Cine Club Venezia – annuncia Giuseppe – abbiamo vinto il bando cultura 2024 della Fondazione di Venezia e stiamo costruendo una piattaforma web in cui più di 300 film, fra le oltre 2000 bobine e 600 videocassette che custodiamo, verranno mappati e potranno essere fruibili a tutti. Entro giugno 2025 sarà online».
In un patrimonio così vasto ci sono dei girati che, più di altri, vi hanno colpito? «Un fondo (i raggruppamenti filmici di una famiglia, nda) a cui siamo particolarmente affezionati – rispondono – è quello della famiglia Perazzolo. Ci è stato affidato da Paolo Perazzolo, un cineamatore che ci aveva contattato, purtroppo venuto a mancare lo scorso anno. Era un nuotatore e faceva parte della Rari Nantes ferrovieri di Venezia che aveva la piscina in Canal Grande. Parecchi film sono girati all’interno della piscina. Molti abitanti di Santa Marta, vedendo le immagini, ci hanno raccontato di aver imparato a nuotare lì. Sono immagini forti e potenti. Si era creato con Paolo un rapporto di amicizia».
«Un altro fondo speciale – conclude Nicoletta – ci è stato portato da una signora, Gianna Cherchi, che ha trovato dei film quando aveva comprato casa. Li abbiamo digitalizzati e poi, anche grazie all’interesse del regista Bill Morrison, abbiamo cercato di risalire alle persone riprese nei film. Non avevamo alcun riferimento, nemmeno sulle custodie delle pellicole. Pian piano, visionando fotogramma dopo fotogramma, abbiamo notato un’immagine: su un biglietto che annunciava un battesimo si leggeva il cognome Gianese. Cercando sui social abbiamo contattato Giampaolo Gianese e lo abbiamo invitato a Ca’ Tron per una proiezione privata. Ha ritrovato i suoi film di famiglia che pensava di aver perso. Emozione pura quella di rivedere la mamma e il papà da giovani. Girati come questi generano in tutti noi una potente empatia; anche se le persone non riconoscono specificatamente i soggetti ripresi, le immagini hanno la forza di attivare delle connessioni memoriali e emotive fortissime su tutti. Perché tutti noi, di fatto, abbiamo vissuto quella situazione».
Stefano Nava