Chi più si presenta svestito più paga. Potrebbe essere la regola da imporre nelle chiese quando si celebrano matrimoni. Lo scrive provocatoriamente don Cristiano Bobbo, parroco di Oriago e Ca’ Sabbioni, rilevando la frequenza di abiti da sposa «che molto spesso si presentano sguaiati e volgari, inadatti alla circostanza».
Nel foglio “Una voce nella Riviera” don Bobbo si rifà ad una storiella umoristica per declinarla poi nel costume attuale di un po’ troppe spose.
In un certo paese – narra la storiella – era invalso l’uso di dare al sacerdote che faceva matrimoni un’offerta proporzionata alla bellezza della sposa. Diciamo che la cifra base fosse venti euro, ma c’erano mariti che ringraziavano per il servizio chi con trenta e chi con cinquanta. Se la sposa era veramente bella allora correva un bel centone! Un tale si presentò a sdebitarsi con un’offerta proprio misera di dieci euro, ma aveva sposato una che era bruttina. Il sacerdote prese l’offerta e disse: “Aspetta che ti do cinque di resto: quel che è giusto è giusto”.
Dunque, si può applicare questa regola a certe nozze, suggerisce sorridendo don Cristiano: «Quanto sarebbe significativo, invece, se le spose facessero comprendere anche attraverso la semplicità e il buon gusto del loro vestito la delicatezza, la poesia e la freschezza del momento che stanno vivendo! Ma questa sensibilità nasce soltanto da uno spazio sacro che si coltiva fin da piccoli nel proprio cuore, che non dovrebbe mai essere preda delle deformazioni della moda che oggi sembra imporre modelli che amano sguazzare nel fango dei sentimenti e delle esperienze possibilmente deviate o debordanti. C’è uno stile di dignità e riserbo che dev’essere riconquistato; c’è un rispetto dell’altro che è alla base di una vita sociale seria e serena. Si può ribadirlo anche con la scelta del vestito di una circostanza della vita destinata a rimanere indimenticabile».