“Possiamo senza dubbio dire che la nostra équipe padroneggia i nuovi materiali e le nuove tecniche, e anzi cerca di svolgere, nell’ambito specialistico traumatologico, un ruolo trainante”: lo afferma il dottor Giovanni Battista Morace, responsabile dell’Unità di Traumatologia e punto di riferimento del Reparto di Ortopedia dell’ospedale di Dolo dolese. Sessantacinque anni, formatosi alla Sapienza di Roma, è il dottor Morace ad aver introdotto, nei diciotto anni di lavoro a Dolo, almeno tre metodiche di intervento specifiche, due delle quali da lui stesso elaborate.
La prima è la tecnica “dell’inchiodamento con accesso sovrarotuleo” nei casi di frattura “diafisaria” della tibia, quella in cui cioè a fratturasi è il “corpo” dell’osso in questione, ed è necessario inserire appunto un chiodo nel corpo della tibia. “L’inchiodamento sovrarotuleo è una metodica usata anche altrove – spiega il dottor Morace – ma solo in alcuni casi specifici, poiché implica l’accesso da sopra il ginocchio e il passaggio del chiodo e dello strumentario al di sotto della rotula. Sono così tanti i vantaggi di questa metodica che si giustifica l’ampliamento della sua indicazione a tutti i casi di frattura diafisaria. In primo luogo va detto che questa tecnica evita l’utilizzo della trazione transcheletrica, quella con cui l’arto, nelle metodiche tradizionali, viene messo in trazione per un miglior allineamento . Fatta questa premessa, i vantaggi ulteriori sono molteplici: un migliore allineamento dei monconi di frattura; l’assenza pressoché completa di complicanze vascolo-nervose; una netta riduzione delle sofferenze dei tessuti perché non sottoposti a trazione; l’ottimizzazione dell’utilizzo dell’amplificatore di brillanza e pertanto riduzione all’esposizione di radiazioni ionizzanti; la riduzione complessiva del tempo operatorio e anche della fase preoperatoria. L’utilizzo dell’inchiodamento sovrarotuleo dà inoltre la possibilità di affrontare contestualmente una frattura associata di perone senza ricorrere ad artifici o a cambiamenti del letto operatorio: anche in questo caso si ottiene un’ulteriore riduzione del tempo operatorio”. “Riteniamo pertanto che l’inchiodamento con accesso sovrarotuleo dovrebbe costituire il ‘gold standard’ nel trattamento di tutte le fratture diafisarie di tibia. E in questo senso siamo tra i primi ad impiegarlo in maniera estesa, trasformando una metodica utilizzata altrove nel 5/10 per cento dei casi, e quasi esclusivamente per le fratture di tibia molto alte, in una risorsa a disposizione del paziente”.
“Non siamo stati solo anticipatori e promotori di nuove tendenze – sottolinea il dottor Morace – ma abbiamo elaborato nuove tecniche nel trattamento chirurgico delle fratture, che magari potranno essere acquisite in futuro come metodiche standardizzate. Tra queste l’utilizzo delle viti condiliche nell’inchiodamento delle fratture di femore, in particolare in quello anterogrado, tecnica che offre un netto aumento di stabilità della frattura; e ancora l’utilizzo del cilindro di compressione in caso di mancata consolidazione delle fratture delle ossa lunghe, utilizzo che evita di dover ricorrere a metodiche invasive”. Senza entrare ulteriormente nel dettaglio, il dottor Morace ricorda come abbia introdotto queste tecniche nel lavoro svolto nell’Ortopedia dolese: “Ho portato a Dolo conoscenze e pratiche che acquisite nel corso degli studi di specializzazione e delle esperienze professionali svolte a Roma, anche negli anni in cui ho operato in un ospedale non distante dal Raccordo Anulare, la cui Ortopedia quindi gestiva molti e complessi traumi della strada. Possiamo dire che qui a Dolo, senza dubbio, l’équipe ortopedica ha maturato esperienza sulle diverse strategie per le diverse tipologie di frattura, ed è in grado di utilizzare in ogni caso la metodica più appropriata. Per i nostri specialisti è una soddisfazione non da poco, e per i nostri pazienti si tratta di una garanzia di successo quanto al loro iter di uscita dall’handicap di una frattura”.
“Non ci fermiamo qui. Con i colleghi di Dolo sappiamo – conclude il dottor Morace – che i futuri sviluppi della chirurgia ortopedica sui traumi e le fratture passa anche attraverso la ricerca di nuovi e sofisticati ‘mezzi di sintesi’, quali chiodi, placche, viti, fissatori esterni, ecc… Le fratture sono sempre più complesse per la più alta energia dei traumi che le persone subiscono nel contesto sociale; l’aumento della vita media poi ci porta sempre più spesso ad operare anziani, anche centenari, con ossa impoverite e magari già operati, con le difficoltà connesse alla presenza di un chiodo, una placca o di una protesi. La sfida per noi ortopedici, che a Dolo assumiamo con grande serietà, è quindi quella di essere al passo con ogni innovazione riguardo alle strategie di intervento ma anche riguardo ai materiali: è questo che ci permette di affrontare le diverse tipologie di fratture garantendo al paziente la più ampia possibilità di piena ripresa”.
“L’Ortopedia di Dolo, che specialisti come il dottor Morace da anni fanno crescere il loro entusiasmo e la loro competenza – sottolinea il Direttore Generale Edgardo Contato – è una delle eccellenze della nostra Ulss 3 Serenissima. Riconoscere questa eccellenza, e individuarne le ragioni e i protagonisti, è la miglior risposta a chi è legato ai vecchi schemi e al sentito dire. E passa da qui, dal riconoscimento delle eccellenze, anche la possibilità che il Reparto risulti attrattivo quanto a nuovi specialisti: gli ortopedici sono merce rara, molto difficile da reperire, e scelgono gli Ospedali dove possono trovare gli stimoli e le frontiere da esplorare, come avviene a Dolo, sotto la guida di colleghi esperti”.