Se si fosse trattato di un fenomeno astronomico, lo si sarebbe potuto definire “una felice congiunzione astrale”. Essendo stato invece un avvenimento di carattere spirituale e pastorale, è giusto chiamarlo “segno straordinario di grazia”.
Non capita spesso, infatti, che tre presbiteri di un medesimo Vicariato festeggino contemporaneamente i rispettivi giubilei sacerdotali, com’è accaduto in questi giorni nel territorio di Oriago e Gambarare con il 25° anniversario dell’Ordinazione di don Cristiano Bobbo e il 50° di don Adriano Di Lena e don Luigi Casarin.
I tre pastori hanno voluto ringraziare insieme il Signore la sera del 29 giugno a Oriago, nella ricorrenza del Patrono S. Pietro Apostolo, concelebrando di fronte a centinaia di fedeli una Messa solenne presieduta dal Patriarca Moraglia, che nella stessa data ricordava il 40° anniversario della propria ordinazione presbiterale.
Il rito ha emozionato soprattutto per l’intensità dei momenti che l’hanno contraddistinto: l’accoglienza del Patriarca da parte degli scout; il bacio da lui dato sulla soglia della chiesa ad uno splendido Crocifisso in vetro, posato sopra un cuscino retto da don Cristiano; la presenza di tutti i sacerdoti del Vicariato; la suggestione dei canti eseguiti dalla corale diretta dal diacono Gianluca Fabbian; la benedizione del pane, distribuito alle famiglie in segno di condivisione.
Nell’omelia Mons. Moraglia ha sottolineato come sia dovere di ciascuno farsi annunciatore del Vangelo, realizzando nella missione personale la vocazione particolare ricevuta in dono. Durante la celebrazione non è mancata una preghiera speciale per le nascenti Collaborazioni Pastorali, la cui fisionomia sarà in parte segnata dalle novità portate dalle recenti nomine di parroci e collaboratori.
Dopo la Messa il Patriarca ha incontrato gli animatori del Grest, e la serata è poi proseguita con una gioiosa cena collettiva sotto il tendone delle feste. Lo spettacolo pirotecnico conclusivo ha aggiunto sprazzi di luce ad un cielo già rischiarato da una luna smagliante, quasi in un’ultima allusione allo sfolgorio della “stella” che aveva dato senso all’intero evento: quella rappresentata dal dono prezioso e unico del sacerdozio.
«Tu es sacerdos in aeternum», aveva cantato la corale, con le parole del Salmo 110. Sì, chi è prete lo è per sempre, perché la consacrazione gli stampa nell’anima il marchio di una dignità che si innesta direttamente in Cristo, sommo sacerdote, e che per questo non può più essere rimossa.
Elda Gasparini