In cento anni di storia sono tante le persone e i fatti che si potrebbero citare. La costruzione della chiesa, intitolata a s. Ilario, vescovo e “dottore”, comincia nel 1913; il 24 ottobre 1920 è aperta al culto. È dichiarata ‘chiesa abbaziale’ in onore del monastero benedettino che fiorisce qui attorno al Mille.
Tra i pur tanti ricordi tramandati dalla gente, ne spiccano soprattutto alcuni. Don Alessandro Rosin, dal 2017 parroco a Malcontenta, li ha raccolti nel tempo dai suoi parrocchiani, e li riporta come una piccola suggestiva antologia: «Don Desiderio Barbato è il primo parroco. Guida la comunità dal 1924 – il 23 febbraio la parrocchia è eretta con decreto del patriarca La Fontaine – fino alla morte, nel 1959: è maresciallo dei carabinieri; improvvisamente lascia la divisa, entra in Seminario e infine è ordinato prete a Venezia: un sacerdote-maresciallo. È un prete del suo tempo: con carattere e metodi un po’ burberi… esigenti: l’impronta del carabiniere si vede tutta… In più svolge l’incarico di esorcista. Le persone più anziane ricordano ancora le sedute di esorcismo in canonica».
Un sacerdote verso cui don Rosin attesta una diffusa riconoscenza è don Piero Lucchetta, “vice” di don Giuseppe Gomirato (1959-92) dal 1976 al 1981; si dedica in particolare ai giovani: «Ha portato il vento nuovo dei Focolarini, movimento tuttora presente e molto attivo in parrocchia».
Un’altra menzione speciale la rivolge alla famiglia Facchinetto: «Con l’aiuto di vari collaboratori, famiglie e laici, ha mantenuto sempre vivo il patronato, che negli anni 1990-2010 circa brulicava di ragazzi e giovani, realizzando uno svariato numero di musical». Proprio i musical, dovendo rappresentare il paese nel suo aspetto economico, avrebbero probabilmente ritratto quelle fornaci che per molti anni hanno prodotto mattoni per case (l’avvallamento del terreno è ancora visibile) e che ora, dismesse, sono diventate patrimonio culturale.
A proposito di cultura… «Nel secondo dopoguerra, lo Stato ha utilizzato per un certo periodo le stanze del patronato come aule per gli studenti delle medie, visto che in paese mancava ancora questa sede scolastica. La parrocchia dunque è venuta incontro a un bisogno sociale». E, tra gli anni ’50 e ’60, ha provveduto a costruire un suo cinema.
Dal canto suo, agli interventi migliorativi e di restauro degli ambienti parrocchiali da lui stesso promossi, guarda con soddisfazione don Giuseppe Beorchia, parroco emerito (1992-2017), e oggi collaboratore: le 25 vetrate della chiesa fatte realizzare da un maestro vetraio di Murano, il consolidamento del suo soffitto («che ho fatto dipingere come è oggi: una meraviglia») e della struttura muraria della casa canonica, le finestre nuove del patronato… «A molte di queste spese ho contribuito con fondi miei», tiene a precisare. E ricorda che è stata sua l’idea di ricavare dall’ex asilo parrocchiale dei piccoli appartamenti nuovi.
E ora, guardando avanti, i festeggiamenti per il centenario… «Le iniziative saranno spalmate nell’arco dell’anno e diversificate per quartieri», spiega don Rosin. Ciascuno ha le sue peculiarità. A Ca’ Brentelle, per esempio, dopo la seconda guerra mondiale, Venezia, per trasferirvi le famiglie più povere del quartiere di S. Marta, ha creato un villaggio di baracche. Che «oggi è una bellissima zona abitata da almeno una cinquantina di famiglie affiatate tra loro». Poi ci sono S. Ilario, Fusina, (l’area industriale), Moranzani (con la chiesa di S. Ilario): «Da qui, anticamente, passavano cisterne di acqua potabile prelevata dalle vasche di decantazione di Padova e destinata ai pozzi di Venezia». E, ancora, il Centro di Malcontenta. Infine Malcantón – toponimo attestato anche in mappe antiche; pochissime case al confine con Oriago – tagliato in due dalla Romea. Come in due è tagliata, amministrativamente parlando, Malcontenta: la governano, infatti, in parte il Comune di Mira, in parte quello di Venezia. Ma il centenario “unisce tutti i pezzi”. Sarà inaugurato, infatti, all’ombra dello stesso campanile: domenica prossima messa per tutti con il Patriarca e pranzo “comunitario”.
Giovanni Carnio