«Per quanto riguarda il mio futuro, vedremo con don Dino Pistolato: cercherò di dare la massima disponibilità per quello che posso… Sono contento che mi abbiano lasciato qui a Gambarare e di poter fare vita comunitaria. Mi sento il nonno della compagnia”.
Don Luigi Casarin guarda così a un futuro talmente imminente… che è già quasi presente. A 76 anni, dopo 20 di servizio, smette la veste di parroco: «Sono stati tanti anni, mezza vita sacerdotale… troppi… da tempo sentivo il bisogno di cambiare… I problemi sono complessi, come la parrocchia del resto».
E – lascia capire – servono forze fresche. Di qui alcune fatiche e impegni non sempre coronati dai risultati attesi. Ne indica due in particolare. Che suonano anche come obiettivi permanenti di lavoro. La catechesi degli adulti: «Non sono riuscito a far nascere dei gruppi, a parte i gruppi d’ascolto… Cerco di “sfruttare” i molti funerali (80-85 all’anno) per un’opera di formazione». E il gruppo sposi: non è decollato «nonostante il lavoro con i fidanzati e il contributo di alcune coppie».
Né aiutano certo l’estensione del territorio («tante piccole comunità, dove celebrare: il Duomo, Giare, Dogaletto, il Porto con la chiesetta» e tante persone – malati e famiglie – da visitare) e la stratificazione demografica («C’è uno zoccolo di famiglie di una volta a cui si sono aggiunti nuclei da Mestre e Marghera con altre mentalità»). Inevitabile qualche incomprensione: vedi i migranti di Cona ospitati in patronato.
E i numerosi restauri hanno tolto un po’ di energie alla pastorale. E i giovani? I ragazzi di seconda media, cresimati a novembre (festa di Cristo Re), in genere completano l’anno di catechismo. Poi ci sono la terza media e i ragazzi più grandi. Con una bella squadra di animatori. Don Luigi è molto grato a tutti i cappellani che in questi anni hanno lavorato con gli adolescenti. Anche le attività estive funzionano: «Il Grest ha 300-350 ragazzi, e i campi scuola impegnano diverse coppie di adulti assieme a un giovane prete».
Buona è la collaborazione con le parrocchie: «Specialmente a livello vicariale. È importante, e ci credo veramente. Non è solo un problema di messe da ‘coprire’, ma occorre una effettiva integrazione pastorale. Mangiare assieme è spesso più fecondo di tante riunioni… Anche con i diversi sindaci c’è stato sempre un buon accordo».
Certo, tanti anni non possono raccontarsi in poche parole: «Non basterebbe un libro…». Sembra parafrasare la fine del vangelo di Giovanni. Non a caso più avanti precisa: «Ho sempre cercato il contatto con la Parola di Dio e con il magistero della Chiesa».
Molti i cambiamenti avvenuti, nel bene e nel male. Se non sorprende la progressiva disaffezione alla vita liturgica («i ragazzi vengono a catechismo, ma non a messa: purtroppo le famiglie non ci aiutano»), è curiosa l’abolizione del giuspatronato (la scelta del parroco era lasciata ai capifamiglia del paese), nel 1998. Appena dopo l’ingresso di don Luigi. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti…
Giovanni Carnio