In un’epoca difficile e complessa come la nostra, a volte ascoltare il telegiornale diventa un piccolo gesto di coraggio: di fronte a così tante notizie drammatiche, infatti, la tentazione spesso è quella di isolarsi e di scivolare lentamente nell’indifferenza o, peggio, di continuare a informarci, arrendendoci tuttavia alla disperazione e all’inevitabilità di un mondo confuso e pericoloso.
Fortunatamente, però, c’è qualcuno che si sforza a trovare un’alternativa. A provarci è la “Rete per la pace – Riviera del Brenta”, un coordinamento spontaneo tra numerose associazioni, come i gruppi scout Agesci Mira 1 e Mira 2, e articolazioni locali di Acli, Anpi, Emergency, Libera e Spi-Cgil che, a partire dall’invasione russa in Ucraina del 2022, propone iniziative coordinate con l’obiettivo di costruire e salvaguardare la cultura della pace nella Riviera del Brenta, così da aiutare anche chi si trova a vivere in mezzo all’orrore della guerra. Tutto questo beneficiando inoltre del sostegno e del contributo dei comuni di Mira, Dolo e Camponogara, oltre che dello stesso Patriarcato di Venezia.
Questo settembre, quindi, per rispondere alla sfida di essere realmente un sostegno a chi è in difficoltà e, al tempo stesso, di provare a sensibilizzare la popolazione in maniera responsabile e consapevole, la Rete per la Pace ha deciso di organizzare un periodo di accoglienza nel territorio rivierasco di un gruppo di giovani provenienti dalle zone tuttora teatro di scontro armato in Ucraina e di occupazione e conflitto in Palestina.
Infatti, attraverso i contatti di alcuni volontari che avevano già partecipato ad alcune missioni all’estero, è stato possibile organizzare il prossimo arrivo di 60 ragazzi rifugiati, di cui 50 ucraini e 10 palestinesi, di concerto con la Pastorale giovanile della Chiesa Greco-Cattolica in Ucraina e con alcuni gruppi scout e giovani della Palestina.
Un’impresa molto ardua, soprattutto dal punto di vista logistico e procedurale, ma che grazie alla collaborazione di tutti l’iniziativa permetterà – si spera, come dicono gli organizzatori, ben più consapevoli della criticità di uscire da una zona di guerra – di accogliere questo gruppo di giovani per una settimana dal 16 al 22 settembre, attraverso una rete di famiglie che si sono rese disponibili a dare ospitalità.
In quei giorni i ragazzi parteciperanno ad alcuni incontri con le scuole superiori del territorio e con la cittadinanza, per raccontare la realtà in cui vivono nella loro terra, anche se poi non mancheranno i momenti di socialità e svago, immaginati dagli organizzatori proprio come occasione per regalare loro un po’ di serenità. «La guerra è una situazione che rende tutti un po’ impotenti», spiega Paolo Della Rocca, capo scout del gruppo Mira 2. «Di fronte a un problema così grande tutti ci sentiamo incapaci di poter fare qualcosa, anche se in verità ciascuno può fare la propria parte. L’opportunità di incontrare delle persone che provengono da queste zone invece ci può coinvolgere più come protagonisti che come spettatori. È costruendo rapporti e relazioni umane che si diventa partecipi, e questa è la nostra prospettiva: ciascuno può essere protagonista di cambiamenti e per scoprirlo ha bisogno di entrare in contatto con chi in questo momento vive la tragedia».
Andrea Maurin