Nasce burattinaio e diventa prete. Passando per il teatro veronese di Nino Pozzo e per la poesia che gli dettava al telefono Alda Merini. Si chiama don Marco Campedelli e con le sue pièce sulla fede, con le quali farà tappa in terraferma domenica sera, ha già fatto il giro d’Italia.
Dei burattini pensa non siano un mero strumento da oratorio. Soprattutto dei suoi, che ha ereditato a 19 anni dal suo maestro burattinaio veronese. «Non sono un mezzo, ma una forma di stare, di essere, di vivere. Pozzo mi ha trasmesso l’arte, il teatro popolare, le maschere.. anche quelle veneziane».
È questo che l’ha catturato da ragazzino. «La mia vocazione da burattinaio è precedente a quella sacerdotale» spiega il parroco della chiesa che sorge alle spalle dell’Arena di Verona. «Io mi sono sentito scelto prima dal teatro». E fatto prete «ho cominciato a coniugare le due vocazioni».
Una miscela che sarà messa in scena anche domenica 4 giugno, alle 20.45, nella parrocchia della Cita di Marghera: il “Burattini e teatro per Evangelii Gaudium”, nato un anno fa, mette a frutto il suo concentrato d’artista, sacerdote, attore, docente, burattinaio e poeta.
Ad aiutarlo in via Palladio 3 ci sarà solo la base musicale. Per un’ora animerà, da solo, burattini, maschere, ma anche oggetti, alternando la narrazione al teatro di figura.
Vuole raccontare a modo suo il Vangelo della gioia, «attraverso un linguaggio poetico ed evocativo da un lato. Ma ironico dall’altro».
Allora spazio all’allegoria di Papa Francesco dentro l’Arca di Noè mentre tenta di salvare l’umanità alla deriva. O allo stesso Pontefice bimbo che ascolta il racconto di nonna Rosa emigrata in Argentina, presagio delle grandi questioni che lo vedranno protagonista a capo della Chiesa di Roma.
«Il mio è uno spettacolo che tenta di far riflettere sul bene comune – lo descrive il parroco veronese 53enne -, sullo scandalo dello scarto, sulla possibilità di costruire un mondo nuovo fondato su giustizia, fratellanza ed economia solidale. Il mio è il teatro della buona novella, il mio modo di comunicare il Vangelo. Un teatro povero di mezzi ma ricco di idee che provocano risveglio».
Campedelli punta sul teatro biblico. Anzi, di più: «Credo che la Bibbia stessa sia un grande teatro vivente: pieno di fondali, macchine sceniche, coreografie, chiaroscuri fatti di fedeltà e infedeltà, poesia e vergogne» si entusiasma il sacerdote che ai tempi conseguì un dottorato su “poesia e rito”. «Le Scritture mettono in scena la Storia alla rovescia, quella degli oppressi».
È un teatro alla portata anche dei miscredenti, dice il docente di teologia. «Il linguaggio conviviale che utilizzo invoglia il pubblico non credente. È un linguaggio che non smentisce il messaggio di gioia del Vangelo. Noi cattolici spesso parliamo della gioia con dei “musi incredibili”, contraddiciamo con il volto ciò che diciamo con le labbra. Invece la gioia del Vangelo impone un linguaggio gioioso, vivo. Ed è ciò che cerco di fare io».
Giulia Busetto