«Il messaggio di Populorum progressio, l’enciclica che Papa Paolo VI scrisse giusto 50 anni fa, può essere, in sintesi, racchiuso in questa duplice affermazione: non vi è economia (e politica) che attraverso l’uomo e per l’uomo; nessun uomo o popolo può essere deliberatamente escluso. Il patrono san Michele Arcangelo ci aiuti a tradurre, con le attenzioni e le modalità più adeguate e necessarie, questa sapienza che appartiene all’insegnamento sociale cristiano. E ci dia la forza per vivere al meglio i compiti e le responsabilità che spettano ad ognuno di noi, per discernere con sapienza dov’è e qual è il vero bene – qui, oggi a Mestre – e, quindi, offrire a questa città una degna proposta e testimonianza di vita buona».
Nella festa del patrono San Michele, il Patriarca Francesco concentra la sua riflessione, nell’omelia pronunciata nel pomeriggio di venerdì 29 in Duomo, sul testo di Papa Montini. Un testo che si impernia sulla centralità dell’uomo anche nel contesto economico.
“Lo sviluppo – osservava Paolo VI – non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”.
«Quanto avremmo bisogno anche oggi – rileva il Patriarca utilizzando le parole dell’enciclica – di queste doti: gusto della ricerca e dell’invenzione, accettazione di un rischio ma calcolato, audacia d’impresa, iniziativa generosa, grande senso di responsabilità (soprattutto!) – specialmente nel ripensare luoghi e spazi, momenti e occasioni di vita comune in un territorio davvero particolare come quello della città di Mestre e più in generale dell’area metropolitana veneziana, che necessita sempre di “riconversioni”, nuove pianificazioni e strategie per garantirne il rilancio e un costante sviluppo».
Ma si deve porre attenzione pure – continua mons. Moraglia – alla qualità di questo sviluppo: «È in gioco la crescita integrale dell’uomo e il vero umanesimo che – per esser realmente tale – deve riconoscere la totalità dell’uomo. La persona è sempre e insieme “identità e relazione”, un “tutto” strutturato anche “socialmente”. L’uomo non è un’isola e un uomo “solo” non esiste; è pura astrazione, in concreto non si dà. Si può quindi parlare di un vero sviluppo sociale solo prendendo le distanze da ogni tipo di “riduzionismo”, iniziando da quello economico. E l’uomo che non può giungere a una sufficiente formazione culturale e spirituale non potrà esprimersi compiutamente sul piano umano con un linguaggio e un pensiero idonei, come l’uomo denutrito fisicamente, privo di forze e vitalità, non riesce più a vivere».
Tutti gli uomini necessitano allora di una formazione carica di “umanità”, «in grado di esprimere valori morali, spirituali e cristiani fondati sulla ragione che è il mezzo più idoneo per incontrare chi non appartiene alla nostra cultura, ha una fede diversa dalla nostra o non ha addirittura fede».
«Il mondo – è l’auspicio del Patriarca – ha bisogno di uomini in grado di elaborare un pensiero antropologicamente fondato e, allo stesso tempo, saggiamente critico. Solo così le conoscenze tecnico-scientifiche (soprattutto in un epoca come la nostra, pervasa da una diffusa mentalità funzionalista) potranno essere aiutate e sorrette da un umanesimo fondato – tramite una reale mediazione filosofica -, alla fine, su Gesù Cristo, vera speranza del mondo come ci ha ricordato Papa Francesco nel discorso in occasione del V Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana a Firenze».