Tenere attivi liturgicamente i fedeli. È il primo obiettivo che si è dato don Massimo Cadamuro per la sua comunità di Ss. Benedetto e Martino, a Campalto: «Non possiamo permetterci di aspettare che termini il lungo periodo di restrizioni… bisogna che la gente a casa non perda il contatto con un minimo di liturgia».
Ne è nato un piccolo “kit di sopravvivenza”, come lo chiama sul sito della parrocchia, da dove lo puoi scaricare. Un appuntamento per le domeniche della Quaresima da vivere in famiglia. «Nell’impossibilità di celebrare l’eucaristia, si sta riscoprendo la Parola del Signore, che apre il cuore alla speranza».
Un altro aiuto particolare è l’omelia al vangelo del giorno, caricata sul sito e inviata alla mailing-list. E poi su whatsapp.
Continua la “lectio” del martedì sera sul vangelo della domenica; solo che ora si fa su zoom, la piattaforma digitale pensata per le videoconferenze, e quantomai usata in questi giorni.
Prosegue anche la distribuzione mensile delle borse ai poveri. Li chiamano a ritirarle quando è il momento.
Motivi di preoccupazione ce ne sono tanti. Dal rischio di una disaffezione agli appuntamenti cristiani ordinari («Si fa la coda al supermercato a distanza di sicurezza… perché, pur con riguardo a tutte le norme igieniche possibili e immaginabili, non consentire di partecipare alla messa?») agli anziani («È complicato raggiungerli»); dalle scuole materne («I bambini hanno bisogno di presenze fisiche… e gli asili parrocchiali di aiuti economici per reggere l’urto») ai funerali, che non si possono fare… «In effetti – riconosce don Massimo – l’autentica Quaresima e la Pasqua si danno in un contesto di precarietà e ristrettezze, che la situazione di oggi ripropone con un suo realismo».
Non mancano peraltro precise ragioni di speranza. «Sono diverse. Alcune nascite di questi giorni. La mobilitazione di chi si offre per portare aiuto: “Ha bisogno di qualcosa?”, e va a farti la spesa. E poi i commercianti che hanno tenuto aperto. Un segno importante per tanti anziani: il negozio di alimentari, quello di ferramenta… Non è poco».
Giovanni Carnio