Ortopedia dell’Ospedale di Dolo è uno dei pochi reparti veneti ad operare con una tecnica innovativa, il “transfer del gran dorsale”, evitando così, o ritardando di almeno dieci anni, la necessità di una protesi.
La tecnica, che viene eseguita a Dolo da circa due anni dal dottor Marco Capuzzo, è rivolta a pazienti selezionati che non abbiano una diagnosi di artrosi avanzata e presentano una lesione irreparabile della cuffia dei rotatori (un insieme di muscoli, posizionati sopra la testa dell’omero, che servono a muovere le braccia e la spalla).
“Si tratta di una tecnica chirurgica mininvasiva e conservativa – spiegano il primario di Ortopedia Paolo Esopi insieme all’ortopedico esperto di questa metodica, il dottor Capuzzo – che viene eseguita in artroscopia. Ovvero evitando un tipo di intervento “a cielo aperto”, grazie ad una minuscola incisione che viene eseguita sotto l’ascella del paziente per entrare con una mini attrezzatura dotata di telecamerina con fibre ottiche, staccare il tendine del gran dorsale (muscolo molto importante della schiena) e reinserirlo in maniera corretta sulla testa dell’omero”.
Un intervento che dura poco più di un’ora e prevede al massimo due giorni di ricovero per poi rientrare a casa con la propria spalla originaria, cioè senza protesi.
“Prima di questa tecnica – hanno continuato i due medici – non c’era altra soluzione per questo tipo di pazienti se non quella della protesi, con i limiti di tipo funzionale che ha e che oggi si può evitare in alcune persone giovani”.
Ma il danno alla cuffia dei rotatori non è solo irreparabile, esistono anche casi riparabili per cui è previsto comunque un intervento artroscopico: tra gli over 65, infatti, un 60 per cento dei pazienti presenta una lesione riparabile della cuffia dei rotatori o una forma di instabilità (spalla lussata) che, almeno per un terzo, è insopportabile dal punto di vista del dolore.
In questo caso si tratta di interventi di routine, che vengono eseguiti comunque attraverso piccoli fori di ingresso per le mini attrezzature dove si unisce il tendine con piccole ancore in lega di titanio (nel caso della cuffia dei rotatori), oppure si ricostruisce l’apparato legamentoso della spalla (nel caso della lussazione della spalla) con del tessuto tecnologico.
Sono tutti interventi che richiedono un periodo di fisioterapia, da due ai tre mesi, e l’impiego di un apposito tutore per la fase iniziale. “Possiamo fornire delle alternative valide di cura – ha evidenziato il direttore generale della Ulss 13 Giuseppe Dal Ben – grazie alle tecnologie che evolvono e alla capacità dei nostri professionisti che le accolgono e stanno al passo con i tempi. Il tutto a vantaggio dei nostri cittadini che possono usufruire delle migliori risposte terapeutiche sul mercato”.