«Olindo e la sua musica questa mattina ci hanno lasciati»: è il messaggio con cui la famiglia ha voluto annunciare la morte di Olindo Caramaschi, avvenuta a 85 anni compiuti, all’alba di mercoledì 30 agosto mentre era ricoverato all’ospedale dell’Angelo di Mestre.
Per tanto tempo – per almeno e oltre una quarantina d’anni, a partire dal suo arrivo in città che risale al 1963 – Olindo ha rappresentato una presenza inconfondibile, assidua e costante nella vita di Mestre e soprattutto del suo Duomo e della sua Piazza, realtà che sono rimaste fino alla fine nel suo cuore. Impossibile, anche per la sua immancabile barba, non ri-conoscerlo o quantomeno non averlo presente.
Olindo Caramaschi a S. Lorenzo, per decenni, ha sommato nella sua persona le figure del sacrista e dell’organista che ha saputo letteralmente “incarnare” giorno dopo giorno. Nel lavoro quotidiano poteva così mettere a frutto ed esprimere il suo amore e la sua passione per la musica (ha anche realizzato qualche sua originale composizione), l’amore e il legame per la Chiesa veneziana.
Ha così attraversato e accompagnato, in particolare, tutto il periodo mestrino (e laurentino) di mons. Valentino Vecchi, don Franco De Pieri e mons. Angelo Centenaro. Amava molto anche registrare e riprendere, con la sua cinepresa e con tutti i mezzi via via più sofisticati e aggiornati che aveva a disposizione, la vita della comunità ecclesiale mestrina; grazie a lui, ad esempio, sono state recuperate e trasferite in “file”, oggi disponibili, molte omelie di Vecchi.
Terminato il suo lungo servizio in Duomo, si era poi stabilmente “ritirato” nella natìa Jesolo dove già ritornava solitamente per trascorrere con la famiglia i suoi momenti liberi e continuando, comunque, a coltivare ancora il suo amore infinito per la musica. Lascia la moglie Gabriella e i figli Barbara, Lorenzo, Luisa e Beatrice.
Da un mese era ricoverato all’Angelo ed aveva subito una grossa operazione per cercare di fermare quel male che lo aveva colpito e, ormai, invaso; sembrava, per la verità, che si potesse ancora rimettere in forze ma, alla fine, non è stato così.
La famiglia desidera, a tal proposito, ringraziare sentitamente le équipe mediche e tutto il personale dell’ospedale dell’Angelo per la professionalità e la cura con cui l’hanno seguito in quest’ultimo suo mese di vita.
In una lunga intervista rilasciata a Gente Veneta nell’anno 2005, appena rientrato a Jesolo e terminato da poco il servizio di sacrista e organista nel Duomo di S. Lorenzo di Mestre, Olindo Caramaschi aveva raccontato la sua vita davvero originale aprendo, per il settimanale diocesano, il suo cuore e il suo personale libro dei ricordi. Emergeva così, ad esempio, l’immagine di un Albino Luciani che gli tirava la barba (“Mi ci vorrebbe un po’ di questa barba…” gli diceva l’allora Patriarca) o quella, ancora, vivissima del suo primo arrivo a Mestre: “Erano le 11.30 di domenica 29 settembre 1963, il giorno di S. Michele. Ho imboccato via Poerio e sono andato verso il campanile: mi è sembrata una città caotica e piena di traffico. E sin da allora mi sono chiesto come piazza Ferretto si potesse chiamare piazza con tutte quelle macchine… Bello adesso vedere la piazza finalmente chiusa alle auto, non l’avrei mai pensato più di 40 anni fa”.
Fare il sacrista e l’organista in Duomo significava, tra l’altro, anche una cosa molto particolare: non avere mai una domenica libera. “In 42 anni a S. Lorenzo – osservava Olindo – non ho mai mancato una domenica intera. E per questo devo ringraziare sempre mia moglie e la mia famiglia che hanno compreso bene questo servizio. Mia moglie mi dice sempre che se avesse sposato un prete forse qualche domenica libera l’avrebbe avuta… Io, poi, per il ruolo di sacrista e di organista che ho avuto avvertivo sempre un doppio legame e, quindi, come un obbligo il non mancare mai. Anche perché sapevo che, se mancavo io, bisognava cercare due sostituti”.
Una vita, insomma, appassionata e fatta anche di grandi sacrifici, ma c’era una molla che rendeva possibile tutto questo: “Un grande amore e una grande passione per la Chiesa. E vivere tutto come servizio, senza sentirsi però mai indispensabili”.
Se l’essere organista derivava dal suo forte legame con la musica, per lui fare il sacrista era una vocazione più che un mestiere: “Il sacrista deve scegliere sempre il meglio e dare il meglio, curare la liturgia in modo che non sia “ciarlatana”… Il sacrista deve avere un occhio per capello, deve guardare dappertutto e non stare nascosto in sacrestia… Deve avere pazienza, serenità e gentilezza nell’accogliere le persone che si presentano e bisogna prepararsi per questo. Fare il sacrista non porta a stare molto seduti a pregare ma si può vivere con preghiera e nella preghiera questo servizio”.
Ecco perché, aggiungeva infine Olindo Caramaschi, “può fare il sacrista solo uno che ama la Chiesa e ha una buona dose di fede, non può farlo solo per lo stipendio. È una vocazione, laicale certo, ma una grande vocazione”.
I funerali di Olindo Caramaschi sono in programma nel pomeriggio di venerdì 1° settembre, alle ore 15, e verranno celebrati nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Ausiliatrice di Jesolo Lido.
Alessandro Polet