Ogni venerdì sera recitano il rosario in Stazione a Mestre. Con loro ci sono alcuni senza dimora e alcune ragazze di strada. Dopo la preghiera, il gruppo di Missione Belem si sposta a Marghera, sulle vie della prostituzione.
«Incontriamo bulgare, romene e soprattutto nigeriane. Ormai ci conoscono e noi conosciamo loro. Proponiamo di pregare insieme a noi». Dalla preghiera, capita che scaturisca qualcos’altro: «La Parola cambia il cuore e allora può succedere che qualcuna di loro chieda di uscire dalla situazione in cui si trova. Possono essere seguite da alcune strutture religiose che propongono dei percorsi specifici, oppure accedono al percorso anti tratta del Comune».
Chi parla è Fabio Rossi, mestrino e membro della Missione Belem. «Il nostro carisma – spiega – è l’evangelizzazione dei poveri e tra i poveri vi sono anche le ragazze finite nella rete della tratta. Il nostro scopo è evangelizzare, portando la Parola di Dio ma anche l’amore di Dio, offrendo dove possibile un aiuto concreto, cioè dei percorsi per uscire dalla tratta».
Missione Belem è composta soprattutto da laici ed è presente, con questo tipo di attività, anche in altre città del Veneto e non solo. «Fortunatamente in nessuna di queste città abbiamo mai incontrato problemi con gli sfruttatori», aggiunge Fabio Rossi. Le ragazze sono tutte “schiave”, non sono sulla strada per scelta. «Va detto però – precisa Rossi – che per esempio in Nigeria la prostituzione viene considerata quasi come una cosa normale e sono addirittura le famiglie a spingere le ragazze a partire». Solo che tutte sono vittime del racket: «Vengono ricattate anche le famiglie d’origine e le ragazze si trovano a dover pagare cifre altissime per le spese del viaggio e per l’alloggio. Le nigeriane devono restituire delle cifre che vanno dai 25.000 ai 45.000 euro per il viaggio. Così non riescono a liberarsi per anni. Chi termina di pagare spesso rimane sulla strada comunque. Perché non sa fare altro, non conosce la lingua, non ha il permesso di soggiorno».
Con le nigeriane, in ogni caso, i volontari di Missione Belem hanno instaurato un rapporto molto positivo: «Riusciamo ad invitarle anche ai nostri ritiri di evangelizzazione e proprio questi rappresentano il primo passo per intraprendere la strada che le può portare ad uscire dal racket. La cosa più importante è instaurare un rapporto di fiducia, da lì parte tutto».
C’è molto da fare qui, ma ci sarebbe da fare anche nei paesi d’origine. «Io sono stato in Nigeria, proprio perché volevo rendermi conto della situazione. Quasi tutte le persone con cui ho parlato – prosegue Rossi – non avevano idea della legislazione italiana sull’immigrazione ed erano convinte che in Italia si trova facilmente un lavoro che permette di guadagnare bene e aiutare le famiglie. Quasi nessuno sapeva dei pericoli del viaggio». Per questo andrebbe fatta una seria campagna di informazione, coinvolgendo in primis la Chiesa locale.
E poi l’opera di evangelizzazione dovrebbe riguardare anche i clienti. Fabio Rossi ne è convinto: «Per il momento non lo facciamo per non attirarci le ire delle ragazze che vedrebbero scappare i loro clienti, ma certamente i clienti hanno forse più bisogno di Gesù delle ragazze stesse. E questi uomini – sottolinea – sono di ogni tipo: giovani e meno giovani, spesso padri di famiglia».
Sulle strade di Marghera ci sono anche i cosiddetti travestiti, quasi tutti di origine sudamericana: «E’ veramente triste vedere quanti uomini e a volte coppie si rivolgono a loro. Con i trans, che hanno subito anche pesanti modifiche fisiche, il lavoro per riscattarli dalla tratta è molto diverso ed è ancora più difficile».
E poi, purtroppo, ci sono anche tanti minorenni, quasi tutti di origine rom: «Li incontriamo, ma anche loro sono molto difficili da evangelizzare e da aiutare. Alla base della loro triste storia ci sono le famiglie, che li spediscono in strada, spostandoli spesso da una città all’altra. Inizialmente con loro abbiamo avuto qualche difficoltà, ma poi siamo diventati loro amici, condividendo la Parola di Dio anche con loro».
La Parola, si diceva all’inizio, cambia il cuore: «Abbiamo visto tanti percorsi di uscita dalla tratta e non tutti hanno funzionato. Ma posso dire – conclude Fabio Rossi – che tutti quelli che avevano alla base un percorso di conversione del cuore sono andati a buon fine».
Serena Spinazzi Lucchesi