San Giuseppe, una parrocchia cui basta il sole. Da qualche settimana, infatti, si è dotata di un accumulatore di energia elettrica. Questo permette di stoccare l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici, per poterla usare al momento opportuno: cioè di sera, soprattutto, quando il sole non c’è e, di conseguenza, i pannelli non producono nulla.
È proprio quello che si sta testando: qualche sera fa, per esempio, la chiesa era illuminata per le prove di canto serali, il patronato aveva tante luci accese per un incontro e la canonica aveva comunque un consumo (i frigoriferi, per esempio).
Ad un passo dall’autosufficienza energetica. Eppure non c’è stato bisogno di ricorrere all’Enel: è bastata l’elettricità fornita dal “mobiletto” appena installato. Una “batteria” da 6 kW di potenza, che ha consentito alla parrocchia di non attingere alla rete elettrica fino alle 2 di notte.
San Giuseppe sta insomma chiudendo il cerchio: sta per diventare un’isola. Un’isola virtuosa, perché è ad un passo dall’essere autosufficiente dal punto di vista energetico. E, così facendo, usa, per i propri consumi, solo energia “verde”, prodotta grazie al sole e senza bruciare petrolio o gas.
«Ho sempre pensato – sottolinea il parroco, don Natalino Bonazza – che la parrocchia è luogo di educazione alla cura della casa comune. Certe scelte hanno un valore etico, per il solo fatto che sono poste».
In effetti le scelte energetiche d’avanguardia fatte dalla comunità di San Giuseppe sono il tentativo di dare un seguito concreto alle indicazioni che lo stesso Papa Francesco, in particolare nell’enciclica Laudato si’, fornisce. Al n. 165 della lettera di Francesco, per esempio, si legge: «Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti – specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas –, deve essere sostituita progressivamente e senza indugio grazie a un ampio sviluppo delle energie rinnovabili».
Al mattino il sole lavora per la batteria. San Giuseppe è su questa strada. Da qualche anno ci si è dotati di pannelli fotovoltaici per poco meno di 10 kW di potenza. Questi consentono di produrre circa 12mila kWh all’anno, più o meno quanto serve per coprire il fabbisogno di quattro famiglie medie.
Per chiudere il cerchio e avvicinarsi molto all’autoproduzione per l’autoconsumo, però, bisognava affrontare il problema dell’intermittenza dei pannelli solari. Da ciò l’adesione, da battistrada, alla nuova frontiera tecnologica: quella degli accumulatori.
Quello appena messo in opera interviene, erogando energia, non appena l’elettricità prodotta dai pannelli non basta più (per le nuvole, per la sera…). Va avanti fino a quando esaurisce tutti i suoi 6 kWh accumulati e poi, se c’è ancora bisogno di elettricità, giocoforza si attinge dalla rete. Poi, appena si leva il sole, questo comincia a ricaricare la batteria, fino a riempirla. Venerdì scorso, in una giornata soleggiata, alle 11 di mattina l’accumulatore era già al completo.
Tre anni per ammortizzare i costi. E così via, per circa 6mila volte, la durata media di una batteria al litio. Cioè per circa vent’anni. Mentre ne occorreranno molti meno – forse addirittura solo tre, garantiscono i tecnici che hanno fornito il dispositivo – per recuperare l’investimento economico fatto dalla parrocchia.
Quel che ci guadagna fin da subito è l’ambiente. E l’attenzione cristiana alla cura del creato ne trae un bello stimolo.
Giorgio Malavasi