Classe 1972: si direbbe una tipica “vocazione adulta”. Padre Lorenzo Pellizzari è prete infatti solo dal 6 luglio scorso: «Mia mamma è super contenta; ci sperava fin da quando ero piccolo».
In realtà, se la decisione è maturata qualche anno fa con l’ingresso in noviziato, il cammino era stato lungo e progressivo. Il dubbio, cioè, si era manifestato presto. E nessuna delle esperienze vissute è stata sprecata.
Per esempio, la specializzazione in microbiologia e virologia lo ha portato in ospedale, a stretto contatto umano, non solo professionale, con pazienti e famigliari.
L’attenzione ai sofferenti è divenuta presto impegno caritativo, con un forte desiderio di ricerca personale. Che lo ha portato per 3 mesi a Calcutta dalle suore di Madre Teresa: «Non certo una presenza turistica – chiarisce – perché i miei giri erano sempre quelli: messa la mattina in casa madre, e poi a servire nella struttura di ricovero per disabili abbandonati in strada». Uno stop forzato di due settimane per un problema a una gamba, e, così, tanto tempo per meditare. Soprattutto le lettere di s. Paolo, tra l’altro con quell’invito a rivestirsi dei sentimenti di Cristo che gli torna in mente spesso.
Poi, lo aspettavano una settimana vocazionale ad Asiago, non prevista («L’ho saputo per caso e mi sono aggiunto all’ultimo») e un mese di esercizi ignaziani, questi sì programmati, a Bologna: «Lì, incontrando la figura di s. Francesco, ho capito che il Signore mi chiamava alla vita francescana. Conoscevo i cappuccini e mi son detto: “entro da loro”. E la curia provinciale è qui a Mestre», sua città dall’età di 4 anni (è nato a Chioggia).
Durante gli studi al Redentore ha svolto altri servizi. Ricorda l’impegno alla cooperativa Olivotti, per ex tossicodipendenti, a Mira, e all’ospedale civile di Venezia: «Mi sono serviti a capire che il Signore mi chiamava al sacerdozio». Sì, perché chi entra in convento può chiedere di restare frate semplice. Lo pensava anche lui all’inizio… ma il discernimento è andato avanti.
Dal 31 agosto è al santuario di Castelmonte, sopra Cividale, dove può vivere «il dono di grazia del Signore nel poter fare esperienza nel ministero sacerdotale nella celebrazione dell’Eucarestia e nel sacramento della Riconciliazione». Così scrive lui stesso ai suoi parrocchiani di S. Pietro Orseolo, nell’ultimo numero di “Strade di Carpenedo”, dal tema “Vocazione”, periodico di quella comunità che lo ha accompagnato in tutti questi anni. Di cui è il primo frutto sacerdotale.
Giovanni Carnio