C’erano una volta gli strilloni, i ragazzini che vendevano il giornale per strada nelle città americane urlandone le principali notizie o Woody Allen che tentava goffamente di sbirciare nelle rivendite le riviste proibite senza farsi scoprire in uno dei suoi primissimi film, “Il dittatore dello stato libero di Bananas” (1971).
Cronaca di un mondo in via d’estinzione quello delle edicole di quartiere la cui crisi sembra non conoscere soluzione: nel corso degli ultimi cinque anni (2018-2022) sono stati chiusi in tutta Italia ben 3.339 punti vendita esclusivi (dati Snag), attività commerciali che vendono – appunto – solo prodotti editoriali come quotidiani, settimanali e periodici vari.
Non fa eccezione il Comune di Venezia e in particolare la terraferma: nel centro di Mestre hanno chiuso con la fine dell’anno ben tre edicole, quella vicino a Galleria Matteotti, una in viale Vespucci e l’edicola esclusiva di via Volturno.
E se quelle che sopravvivono si affidano ad altri servizi “complementari” per rimanere a galla, dalla prenotazione di libri scolastici al pagamento di bollettini ed F24, dalle ricariche telefoniche alla vendita di tabacchi e sigarette elettroniche, c’è chi a Mestre, pur godendo di una posizione centrale, è rimasto fedele alla linea dell’esclusività.
Una scelta obbligata per via delle dimensioni di un’edicola, troppo piccola per ospitare altri prodotti, ma anche a causa di costi di gestione troppo alti. Spiega Stefano Trevisan, edicolante di piazzetta Matter: «Per alcuni anni ho tenuto biglietti dell’Actv, qualche giocattolo e ho offerto la possibilità di pagare le bollette: ho tolto tutto perché a fine anno pagavo centinaia di euro in spese bancarie e l’acquisto a prezzi competitivi di alcuni prodotti era diventato impossibile».
Anche con la vendita di periodici, comunque, si naviga a vista, complici margini e ricavi troppo bassi: «Tutto il nostro settore risente di un sistema legato all’informazione che è cambiato profondamente negli ultimi trent’anni. Un edicolante guadagna mediamente il 18,62% lordo sulla vendita di un giornale, che al netto diventa l’11-12% del prezzo di copertina. Io vendo circa una settantina di copie al giorno e basta fare un rapido calcolo per capire che nessuno è disposto per questa remuenrazione a continuare questo mestiere».
Dello stesso parere, un centinaio di passi più avanti, è Stefano Panizzutti che con la moglie gestisce l’edicola di Piazza Ferretto da ben 35 anni. Una memoria storica, la sua, che corre a quando nel cuore di Mestre si arrivava e si parcheggiava l’auto ai piedi della Torre: «La città e la società sono cambiate, com’è normale che sia, ma a rimanere invariato è il nostro contratto nazionale, scaduto da oltre 20 anni. E inoltre, spiace dirlo, questo è un paese che ha convenienza a mantenere il suo popolo ignorante: è diminuita la qualità dell’informazione, si legge poco e male, a suon di titoli sul telefonino ma scordandosi totalmente di approfondire ciò che si legge. E non è un problema solo di Internet ma di mancanza di tempo, pigrizia e noia».
Un piccolo faro di speranza è dato dalla buona volontà di alcuni docenti che portano in classe i quotidiani e insegnano ai più piccoli a distinguere fra notizie e fake news. Ma di certo non è sufficiente secondo Panizzutti, che aggiunge: «Non c’è alternativa alla chiusura e questa professione purtroppo sparirà con noi: chi vuole venire qui per più di dieci ore, magari guadagnando poco o niente, al freddo d’inverno e al caldo atroce d’estate?».
Chiusura che – è bene ricordarlo – rappresenterebbe una perdita per l’intero tessuto sociale della città, come ha fatto presente un gentile signore di passaggio, cliente del signor Trevisan: «L’edicola in piazza – sottolinea convinto – è un patrimonio da mantenere, un punto di riferimento nella diffusione delle informazioni, un posto dove incontrarsi: non devono chiudere».
Un appello che speriamo qualcuno possa raccogliere.
Anna Maselli
Mestre: alla fine del 2023 hanno chiuso altre tre edicole
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