In un mondo dominato dall’asetticità del digitale, il veneziano Marco Brunello si sente un “clandestino del tempo”. Il suo è un mestiere antico, ormai raro, eppure nonostante lockdown e crisi non si è mai fermato.
«Ho lavorato anche in lockdown». La sua bottega, in via Piave, a Mestre, si chiama appunto “Cartiera Clandestina” ed è un laboratorio nel quale, artigianalmente, produce carta e realizza stampe tipografiche a caratteri mobili. Una tecnica antica, proprio quella con cui Gutenberg realizzò la prima opera a stampa: la Bibbia. E nell’arte tipografica la Repubblica Serenissima primeggiò per secoli. Un’attività che oggi è ormai di nicchia, ma che ha il suo mercato tra gli artisti internazionali ai quali Marco vende la sua produzione di carta fatta su misura.
«Lavorando da solo nel mio laboratorio e vendendo su spedizione – spiega – ho potuto sempre continuare la mia attività, anche durante i periodi di lockdown».
Marco ha inaugurato il suo laboratorio in via Piave proprio pochi mesi prima dell’arrivo del covid: «Ho iniziato senza avere un vero e proprio negozio, prima nel garage di casa e poi in una ex falegnameria in zona Bissuola, costruendo il portafoglio clienti quasi solo grazie al passaparola di chi ha provato la mia carta o chi l’ha “incontrata” nelle opere realizzate con essa. Oltre al livello qualitativo, raggiungibile solo con la fattura artigianale, la particolarità del mio prodotto sta anche nella sua versatilità. È come farsi fare l’abito su misura da un sarto. Mi contattano artisti che mi dicono ‘Ho toccato la tua carta’ e io gliela produco esattamente come la vogliono a seconda della tecnica artistica che desiderano esprimere».
Proposta: un distretto degli artisti in via Piave. Oggi il suo laboratorio ha anche una vetrina e la nuova collocazione è stata una scelta: «I quartieri più meticciati sono anche i più ricchi di fermento culturale. Un terreno ideale per qualsiasi creazione artistica. La zona di Via Piave, proprio per tutto questo, è il posto ideale per un laboratorio come il mio, assolutamente in controtendenza. Sono convinto che questa zona della città abbia molte potenzialità che ricalcano quelle che aveva all’inizio del ‘900. Qui c’è un pezzo di storia di Mestre. E proprio l’arte potrebbe farla diventare un nuovo punto di riferimento: perché non pensare a sviluppare proprio qui un distretto degli artisti?».
I social sposano un mondo “anacronistico”. Marco lo sogna perché si sente solo in parte un artigiano: lui è un artista “verbo-visuale” impegnato cioè nel dare valore visivo alla parola stampata. «Sono diventato cartaio – spiega – per ricerca personale. Anche se utilizzo i social per promuovere la mia attività, il mio è un mondo anacronistico, un mondo non ancora fagocitato dal digitale in cui le persone continuano a utilizzare la carta».
Carta che si crea, si annusa, ti tocca e si dipinge o si scrive a mano. «Nel tempo le cartiere sono diminuite, alcune tra quelle storiche sono fallite e hanno lasciato dei vuoti di mercato. È qui che ci inseriamo noi artigiani “fuori dal tempo”. Siamo ormai in pochi in Europa: io ne conosco solo 5 che fanno il mio mestiere di cartaio e tipografo. Resistiamo».
Nonostante…
Francesca Bellemo