«Al di là della poesia, il presepio è il fermo immagine di una situazione drammatica: una famiglia costretta a far nascere un bambino in condizioni estremamente precarie, immagine che si ripropone e si perpetua lungo tutta la storia dell’uomo».
Silvia e Franco, della parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice alla Gazzera, spiegano così la sacra rappresentazione allestita in chiesa: «Le abbiamo viste tutti, ad esempio, le immagini delle giovani famiglie di profughi mediorientali, bloccate al confine tra Bielorussia e Polonia, imbarazzante presepio vivente del 2021, ma ce ne sono tanti altri. Non abbiamo voluto esagerare nella crudezza delle immagini, ma il presepio di quest’anno vuole immedesimarci nel desiderio di tante famiglie di mettersi in salvo, la possibilità di offrire a se stessi e ai propri figli una condizione di vita più dignitosa».
Ma la rappresentazione della nascità di Gesù è prima di tutto motivo di speranza: «Il muro di confine è sbrecciato – proseguono Silvia e Franco – e consente finalmente di passare al di là, permette di raggiungere una città che al tempo stesso può dare serenità, ma anche nuove illusioni, nuove esclusioni, nuove discriminazioni, come le ha provate la famiglia di Gesù in quella notte».