Sono 4.110 i pasti serviti, in 43 giorni, dalla Casa dell’Ospitalità che, come di consueto, ha fornito da mangiare, durante le ferie estive, agli ospiti delle mense cattoliche di Mestre e Marghera, perlopiù chiuse in agosto.
«Ma soprattutto – spiega l’assessore alle Politiche sociali, Simone Venturini – siamo riusciti a far partire il progetto “R.E.S.A.”, attivando un furgoncino climatizzato che raccoglie le eccedenze alimentari del vicino Novotel per offrirle agli ospiti della struttura. Ospiti, a loro volta, che sono parte attiva di questo servizio, collaborando sia per il trasporto dei generi alimentari che nelle annesse mansioni: di cuochi, aiuto cuochi, servizio ai tavoli, pulizia. Insomma, un progetto non solo di assistenza ma anche di inclusione, per favorire il reinserimento di queste persone nella vita sociale attiva».
Alla presentazione del bilancio di questo tempo estivo è intervenuto, lunedì 4 alla Casa dell’Ospitalità, anche il Patriarca: «Impiegare sempre più gli ospiti come lavoratori è una buona notizia», ha detto. «La carità, infatti, è importante perché la società non riesce a coprire tutte le urgenze e le necessità. Però la carità deve anche mirare a recuperare le persone. E allora mi sembra molto buona la volontà di integrazione, mostrata da questo progetto, al fine di coinvolgere persone di cui vediamo la fragilità e il disorientamento».
Il tentativo di recuperare dal punto di vista lavorativo, anche se parziale, più ospiti della Casa «credo sia qualcosa di davvero importante – ha proseguito mons. Moraglia – e può essere un piccolo modello, una prospettiva che può prendere piede e realizzarsi in altre realtà; perché l’accoglienza è un dovere, ma è un dovere anche l’integrazione. Perciò bisogna essere generosi ma anche saggi nel creare situazioni di convivenza possibile e di responsabilizzazione delle persone che se, invece, vengono assistite solamente con la pur essenziale carità finiscono per non essere aiutate ad alzarsi davvero».
Dal Patriarca Francesco un plauso anche per l’opera di recupero delle eccedenze alimentari: «È cibo – commenta – che altrimenti andrebbe sprecato, buttato via, e questo sarebbe un messaggio sbagliato, che diamo a noi stessi, prima di tutto, e poi anche a chi non ha da mangiare. (G.M.)