La scuola di italiano della Caritas veneziana non si è fermata. Ma lavora già per prevedere e anticipare un possibile lockdown. Lo racconta a Gente Veneta la responsabile, Laura Alquati, che presso la sede Caritas di via Querini a Mestre cura i corsi di lingua italiana per stranieri, ancora in presenza, perché in realtà la normativa consente di farlo: la classe di concorso A23 è inquadrata come una scuola media inferiore.
«Abbiamo studiato un protocollo molto severo – spiega la Alquati -: un volontario durante il cambio delle lezioni fa in modo che la classe uscente non incroci quella che entra; i locali vengono igienizzati da una cooperativa (che sanifica anche la segreteria); vi è la verifica della temperatura. Gli studenti partecipano seduti su sedie da sala conferenze adeguatamente distanziati. Teniamo le finestre sempre aperte».
Al momento ci sono 30 iscritti (14 per classe, per due sezioni: un livello elementare e uno intermedio). La zona geografica di provenienza più rappresentata è il Bangladesh; seguono macedoni e turchi, qualche sudamericano. La presenza africana è in calo.
La scuola vive delle limitazioni numeriche per i corsi, ma ci sono state molto richieste per il livello principianti. Lo spazio è limitato, quindi vi sono 14 studenti per classe, con un livello “a scavalco” dei corsi, in modo da poter tenere insieme insegnamenti di grado diverso.
«In questa parte iniziale dei corsi si sta facendo anche una educazione digitale per prevenire una eventuale interruzione – continua Laura Alquati – . Vi sono molte donne che a marzo si erano trovate in difficoltà con i figli per la didattica a distanza, ma paradossalmente sono state più avvantaggiate degli uomini perché hanno potuto sfruttare gli strumenti dati ai figli da molte realtà pubbliche. Questo ha favorito anche noi: hanno usato i supporti dati ai figli per i nostri corsi».
La scuola è nata con utenza Caritas, quindi spesso con migranti o senza fissa dimora. Per le lezioni digitali si dovranno perciò usare molto gli smartphone: «L’idea, già anticipata nel precedente lock-down, è sfruttare le videochiamate di gruppo su WhatsApp e Zoom su telefonino. Ovviamente la condivisione delle slides è difficile, quindi usiamo i libri e delle applicazioni di condivisione da usare con i social. Il cartaceo aiuta a mediare il digitale. Stiamo distribuendo i testi». Una sorta di sintesi tra metodi tradizionali e metodi innovativi.
Ma la scuola ha anche un sogno nel cassetto: far ripartire e ampliare l’offerta formativa con un canale online, facendo tesoro di quanto fatto, a livello sperimentale (e di necessità), durante l’ultimo lockdown.
Marco Zane