Di finire a Stretti non se l’aspettava. Vista l’età, non proprio giovanissima, pensava che ormai non l’avrebbero spostata da Paese. Suor Loredana Borsato legge l’inaspettato cambiamento come un nuovo richiamo alla semplicità e all’umiltà, a cui ha intanto corrisposto «con il mio Sì al Signore, quando mi fu proposta questa obbedienza». Nel presentarsi alla parrocchia di San Tiziano si racconta: «Non sono molte le mie esperienze, ma fra queste la più importante è la ricerca quotidiana di vivere la Parola e di sentirmi ripetere dal Signore: sono innamorato di te, mi stai a cuore». E tra le “Parole” preferite cita un salmo: “Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi”. Abilità e capacità che evidentemente le vengono ancora riconosciute.
Una novità per lei sarà il servizio alla scuola d’infanzia: «Ci si adatta, si impara, non c’è problema». Del resto, ha insegnato per oltre quarant’anni, sia pure a medie e superiori (ha nel cassetto un diploma magistrale e la laurea in Lettere). Nel curriculum ci sono pure lezioni di italiano a stranieri, anche preti studenti di diritto canonico, a Postioma. E l’incarico di preside, a Roma, dove ha sostenuto la formazione e la prima esperienza didattica. Poi è stata a Gemona: «Essere nella casa generalizia è un’esperienza forte. Si era sempre in contatto con realtà provenienti da tanti Paesi diversi».
Poi è stata la volta di Roma per venticinque anni: a parte la scuola, ha curato l’animazione liturgica in parrocchia, con il canto e lo studio della storia della musica.
E la sua musica il Signore deve avere cominciato a scriverla presto sul pentagramma di suor Loredana. Lì, dov’era nata, a Paese, in provincia di Treviso, c’era una comunità di francescane missionarie del Sacro Cuore: «Mi piaceva soprattutto come lavorano con i ragazzi». Ma più determinante è stata la fede dei suoi genitori. Era rimasta colpita dall’impegno degli animatori dell’Azione cattolica durante le Messe. Voleva essere «come loro, ma più di loro… Ne parlai la prima volta, che avevo dodici anni, a mia mamma, e lei mi indirizzò dal viceparroco. Mi sentivo molto sostenuta dalla preghiera della sera con cui mia mamma domandava per me un vero discernimento. I miei genitori, infatti, non hanno mai opposto ostacoli, anzi hanno sempre pregato perché fossi illuminata nelle mie scelte. È stato il papà, alla fine, ad accompagnarmi a Gemona. Lo ha fatto, come il padre di una sposa, con ciascuna di noi sei sorelle, entrate tutte, tranne una (che si è sposata), nella congregazione fondata da p. Gregorio Fioravanti. Non manca l’occasione, anche oggi, di ritrovarci assieme… D’estate, la nostra casa natale è un immancabile punto di riferimento».
Suor Loredana ci tiene molto alle origini della sua vita e della sua fede. «Stare a Paese ha significato recuperare il valore della mia appartenenza alla comunità cristiana, dove ricevetti il battesimo. Spesso, a fine messa, mi avvicinavo al fonte battesimale, baciandolo, e dopo il segno della croce recitavo il “Credo”. Nel mio battesimo ritrovo quello che sono; tutto è partito da lì». Nel “tutto” sono comprese anche alcune soddisfazioni: «Negli anni 1984-86, svolgevo attività con i ragazzi sabato pomeriggio e domenica; tra questi c’erano anche alcune mie allieve di scuola, che a volte interrogavo il giorno dopo. Volevo far capire ai loro compagni che quelle attività, avendo chiaro l’obiettivo, non impediscono di compiere il proprio dovere. Quando queste mie alunne sostennero la maturità, mi confidarono: Lo sai che faccio catechismo in parrocchia? È stata una soddisfazione grandissima sapere che tutte si erano rese disponibili per la propria comunità». Un servizio, per lei, destinato a protrarsi ancora a tempo pieno.
Giovanni Carnio