Raggiungere serenamente i cento anni in ottima salute fisico-mentale è un gran traguardo. C’è chi lo considera un dono, chi una conquista; e chi… ambedue.
È il privilegio della signora Fortunata Saramin di Jesolo, che i suoi 100 anni li ha festeggiati solennemente giovedì 10 agosto (tre ore dopo la spaventosa tromba d’aria abbattutasi nel litorale veneto-veneziano), in un locale pubblico a ridosso delle Antiche Mura altomedievali. Lì c’erano i figli Michela e Antonio con l’intero parentado dei Saramin: nipoti e pronipoti e bimbi figli di pronipoti (nella foto di Cristina Terreo). Un centinaio di persone ad emulare i raduni d’altri tempi.
Graditissime a Fortunata sono state anche le affettuose visite di compiacimento e di auspicio del sindaco Valerio Zoggia e del parroco monsignor Gianni Fassina, giunti insieme a sottolineare la festa.
La vita di Fortunata Saramin è la trama di un romanzo i cui ingredienti sono: intelligenza, buona educazione, volontà e lavoro. Tanto lavoro quello che crea le combinazioni positive della vita di una contadinella.
La centenaria nasce a Passarella di Sotto, frazione di Jesolo, allora Cavazuccherina, fulcro del dialetto rustico del Basso Piave. È il 10 agosto 1917, terzo anno turbolento della Grande Guerra, segnato dalla disfatta di Caporetto (24-29 ottobre) e dalla resistenza attestatasi sul Piave, con la Piave Vecchia estrema linea del fronte.
Fortunata Saramin è l’ultima di otto fratelli: Santa, Virginia, Enrica, Aurelia, Miraglia, Primo e Angela; figli di Francesco (Chechéti) e Rachele Giacchetto (Rachèe Jachét).
Alla fine del conflitto mondiale, la famiglia si trasferisce in un piccolo podere a lavorare i campi in via Salsi, una lingua di terra tra la sponda destra della Piave Vecchia e le valli da pesca, non lontano dal paese, che si raggiungeva traghettando il fiume.
Dopo aver frequentato la prima elementare, Fortunata smette di andare a scuola per condurre al pascolo le mucche della stalla. Da signorinella lavora stagionalmente nella tenuta Piave Isonzo a scegliere la frutta. Presto diviene collaboratrice domestica del fattore Giuseppe Medàil e della di lui moglie, signora Lola, che Fortunata ricorda con affetto e gratitudine anche per aver imparato da lei a leggere e a scrivere e a far di conto, comprese le operazioni algebriche.
Sono gli inizi degli anni ’40. Dopo un medio periodo trascorso a Jesolo, Giuseppe Medàil si trasferisce a Verona ad amministrare i beni terrieri dei marchesi di Canossa, sul Garda. E con la famiglia, cresciuta a “Piave Isonzo” con le nascite dei figli Giorgio e Cesare, s’insedia nel palazzo dei Canossa, nel centro della città scaligera.
Qui, Fortunata, pur sempre “donna di servizio” – sottolinea – è ritenuta sempre più una componente la famiglia, tanto che Giorgio e Cesare Medàil (giornalisti, rispettivamente a Canale 5 e al Corriere della Sera, scomparsi troppo presto) la chiamavano affettuosamente zia Fortunata.
Non c’è stato spettacolo lirico all’Arena al quale non ci fosse la famiglia Medàil con Fortunata, ovviamente, che oggi ricorda quelle opere tutte di fila, citando anche qualche motivetto di Aida, Bohème, Traviata, Pescatori di perle, Turandot, Cavalleria Rusticana, elogiando tenori come Beniamino Gigli e Mario Del Monaco e i soprani Lina Pagliughi e Maria Callas.
Giunto l’innamoramento, Fortunata sposa Albino Zottino di Jesolo. È il tempo del ritorno al paese natìo a riprendere la zappa e ad insegnare ai propri figli, a nipoti e pronipoti l’algebra e la grammatica della vita.
Fortunata Saramìn è una bella signora di 100 anni, piccolina, attenta, cammina speditamente, dal viso roseo senza una ruga, incline al sorriso, dalla battuta pronta e dalla parola facile, alimentate da una memoria remota e prossima da quiz televisivo. Ha un vigore, ancora oggi, che le consente di coltivare verdure d’ogni sorta nell’ampio orto, usando l’antica zappa consumata dal lavoro e che lei alza come bandiera nel salutare chi la saluta.
Il segreto di lunga vita? «Mangiare poco, lavorare tanto, pensare in positivo, essere in pace con se stessi, col mondo e con Dio». Parole di Fortunata… di nome e di fatto.
Egidio Bergamo