Che cosa direste voi al Patriarca se aveste la possibilità d’incontrarlo durante la prossima Visita Pastorale? E che cosa vi aspettate che vi possa dire? Gli interlocutori sono albergatori, Giovanni Fregonese e Fabio Venezian. Sono dell’ultima generazione degli imprenditori turistici jesolani. Nel momento del dialogo c’è anche Mario Lazzarini, uno che conosce bene la storia del turismo jesolano essendo direttore dell’Aja, l’associazione degli albergatori jesolani, da qualche decennio. Più tardi si aggiungerà anche il presidente, Alessandro Rizzante. <+no rientro>
Rompe il ghiaccio Fabio Venezian: «Molti di noi conoscono la parrocchia perché hanno figli che frequentano il catechismo. E poi la parrocchia rappresenta anche un momento di aggregazione. Per la festa di San Giuseppe del 19 marzo, ad esempio, in quella del Sacro Cuore viene organizzata una bella festa del papà. Ci si ritrova insieme».
«Ci sono anche tante attività organizzate dalle parrocchie – aggiunge Fregonese – per i bambini e i ragazzi. Credo che dobbiamo essere grati per questi servizi».
La conversazione prosegue lodando i vari servizi delle parrocchie per i ragazzi e i giovani. Ma il tema del turismo stenta a farsi strada nella conversazione. In fondo, che potranno mai interessare al Patriarca i problemi di un albergatore? E non sarebbe improprio parlargliene? La conversazione pare segnata da un rapporto di estraneità tra il mondo turistico e le parrocchie.
Scusate, ma al Patriarca non parlereste delle vostre condizioni di operatori turistici? Lui potrebbe dirvi: conosco i ritmi del vostro lavoro durante la stagione estiva; ma non sentite la necessità di un tempo per voi? E per la vostra famiglia? E alla domenica riuscite ad andare a Messa? Insomma, qual è la qualità della vostra vita?
«La stagione turistica – risponde subito Fregonese – è una macchina che corre a giri altissimi per i quattro mesi estivi. A un imprenditore turistico non resta tempo per pensare ad altro se non alla conduzione della propria azienda. Non è una esagerazione. Basterebbe conoscere anche solo superficialmente le modalità del nostro lavoro».
Mario Lazzarini conosce a menadito la questione. Sa che sulla frenesia del lavoro stagionale si sono sprecate analisi e proposte, che non hanno mai trovato gambe per camminare. «Il ritmo di lavoro connesso alla stagionalità – commenta – è difficilmente eliminabile. Rispetto al passato c’è stato un cambiamento. Un tempo erano soprattutto i lavoratori dipendenti ad avere orari stressanti. Oggi viene rispettato l’orario di lavoro previsto dal contratto. Ma l’albergatore non ha orari e per quanti collaboratori abbia deve essere sempre in trincea. Certo la qualità della vita ne risente. Ma quali scelte sono praticabili che non compromettano, però, la redditività dell’azienda?».
La competitività nel settore turistico, spiegano Fregonese, Venezian e Lazzarini, è molto serrata e i margini di remunerazione molto stretti.
Scusate la provocazione. Ma è davvero impossibile riportare il vostro lavoro a dimensioni più accettabili? Potrebbe venire il dubbio che tutto sommato a voi faccia comodo lavorare fino allo sfinimento quei quattro mesi e poi starvene tranquilli per il resto dell’anno…
Fregonese reagisce immediatamente: «Non è affatto così. Crede che a me e ai miei colleghi albergatori non farebbe piacere avere un ritmo di lavoro che ci consenta anche di andare al cinema o a fare una passeggiata con i figli e la moglie? O andare a Messa, se uno è credente? Il nostro schema di lavoro poggia sul difficile equilibrio tra la soddisfazione delle esigenze degli ospiti e i costi di lavoro. Cambiare schema non è affatto semplice perché esige anche un cambio culturale».
Lazzarini, riferendosi ai due giovani albergatori, spiega: «Questi due giovani, assieme ad altri giovani albergatori, stanno facendo un master che abbiamo organizzato come Aja, proprio per esaminare nuove modalità di gestione che, alla fine, potrebbero conseguire un lavoro remunerativo ma meno stressante. Il cambio di cultura auspicato da Fregonese è anche generazionale. Non tutti i giovani accettano di subentrare ai loro genitori perché fare l’albergatore è un mestiere difficile; purtroppo nell’opinione pubblica permangono sacche di luoghi comuni».
«Questo master che stiamo facendo – confermano Fregonese e Venezian – è un percorso per verificare come migliorare la qualità dell’offerta turistica e la redditività dell’impresa alberghiera ma anche per raggiungere un recupero di qualità della vita lavorativa».
«Quando un albergatore va in banca – interviene Rizzante – non gli chiedono il valore del suo albergo, ma la sua redditività. Checché se ne pensi, dobbiamo fare i conti con una realtà dove il capitale è in mano a pochi, che hanno il potere di condizionare le nostre scelte. Spesso ci verrebbe la voglia di mollare tutto, ma dobbiamo avere anche la consapevolezza di svolgere un ruolo sociale: molte famiglie dipendono dalla nostra capacità imprenditoriale».
Ma secondo voi questi problemi che vivete sulla vostra pelle non c’entrano proprio nulla con la parrocchia? Vi piacerebbe che le comunità parrocchiali si confrontassero con voi?
«Certo che mi piacerebbe sentire le parrocchie vicine alle nostre problematiche – risponde Venezian – e avvertire una loro condivisione. Potrebbero aiutarci a far maturare una consapevolezza della opportunità che ci offre il turismo ma anche della sua complessità».
«La Chiesa può darci una mano importante – riprende Rizzante – aiutandoci ad essere meno egoisti e più altruisti, cioè più solidali».
«Noi stiamo bene se stanno bene anche gli altri», conclude Fregonese descrivendo, sinteticamente, un’idea di Bene Comune. Un tema che può entrare a pieno titolo nella Visita Pastorale.
Giampaolo Rossi