Quarant’anni dalla nascita dell’associazione (“APHE” vuol dire “Associazione Pro Handicappati di Eraclea”) e trentacinque dall’apertura della Casa dell’Accoglienza. Stefano Vidotto è ancora un bambino quando il padre, Giuseppe, inizia l’impresa del centro diurno. Non è solo: con lui altre famiglie da una parte; dall’altra, un gruppo di Azione Cattolica che si propone per un servizio. È la parrocchia a farli incontrare. Stefano è sempre stato attivo nell’associazione: «Ho assistito al montaggio del prefabbricato», vale a dire il primo alloggio. Lo aveva visto partire dal Comune di Forgaria e aveva memorizzato come andavano assemblati i pezzi. Nel 2007 entra nel comitato direttivo. Ora quel prefabbricato non c’è più, soppiantato da un intervento nel 1995, a cui ha fatto seguito la creazione dei due appartamenti del “Dopo di Noi” nel 2010.
Nel tempo, infatti, le esigenze non sono rimaste le stesse: «I nuovi obiettivi – spiega Vidotto – sono dare una risposta ai disabili con più di 65 anni, che per legge vanno dimessi. Dovremmo lasciarli a loro stessi proprio quando hanno più bisogno?». Per questo vuole impegnarsi per una politica più attenta alle urgenze del mondo dei disabili. E poi c’è il “Dopo di Noi”, con attualmente due appartamenti protetti, di quattro posti ciascuno, per disabili che un giorno verosimilmente non potranno più far conto sulla loro famiglia. Uno è abitato più giorni ma non ventiquattr’ore, l’altro anche la notte ma non tutta la settimana. Si guarda allora a un “Dopo di Noi” ampliato nello spazio e ininterrotto nel tempo, con una certa libertà di entrare e uscire. Altre idee sono un centro diurno per anziani, non necessariamente disabili, e uno per disabili e non: «Per questo cerchiamo dal Comune un altro pezzo di terra. Poi ci piacerebbe potenziare l’inserimento nel mondo lavorativo degli ospiti che hanno comunque buone capacità…».
I laboratori della Casa ne mettono in risalto alcune. Lavoro sì, ma anche altro. La musica per esempio: «I “ragazzi” l’ascoltano volentieri, perché è un linguaggio molto espressivo: canti moderni e anche di chiesa. Per questo il programma della festa prevede, oltre al “pranzo sociale” di domenica 28, un concerto». Sabato 27, alle 20.45, si esibiscono assieme, sotto il tendone del patronato di S. Maria Concetta, i “Blue Voice” (coro della polizia penitenziaria del carcere di Milano Opera), la banda cittadina e Saulo Balduit, beniamino di casa, visto che alla Casa di accoglienza ci lavora. Domenica 28 (ore 15,30) ci sarà anche il Patriarca Francesco a visitare la struttura in occasione di questo anniversario. <+sott nel testo_GV>Gioie e dispiaceri.<+normale_GV> Le soddisfazioni più belle? «Sono le emozioni vive che sanno trasmettere i nostri ospiti: è una gioia che si percepisce ed è comunicata senza filtri… Sentimenti puri. Il sentirsi famiglia è l’elemento forte della loro vita qui». Questo vuol dire condividere anche arrabbiature, tristezze… «Come il dispiacere per la perdita di due nostri amici. In poche settimane sono mancati infatti Hervè e Luigino. Tutti ne abbiamo sofferto, ma ci siamo sentiti uniti nella preghiera e nell’affetto». Solidali in tutte le difficoltà… «Il covid ci ha tenuti bloccati dentro le nostre mura, però siamo riusciti a chiudere solo per un mese e mezzo. Poi abbiamo aperto con tutti i controlli – e i costi enormi – del caso… E loro hanno capito che le restrizioni erano per il loro bene». La Casa dell’Accoglienza oggi è una struttura saldamente radicata nel territorio e «ben voluta dalle amministrazioni che si sono succedute, dagli artigiani, dai commercianti, dalla gente». Quello che conta è proprio questo: integrarsi. Ecco perché domenica prossima, per celebrare la ricorrenza, verranno tutti alla messa delle 10. Si cerca la massima normalità possibile, sia nelle attività – tante: gite, uscite varie, mercatini, concerti… – che nei rapporti con la gente: «La cosa bella è quando ci trattano come tutte le persone».
Giovanni Carnio